E’ una amara constatazione quella proposta dal presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, quando sostiene che gli investimenti internazionali nelle imprese italiane quotate avviene solo a fini speculativi e non per interesse verso la produzione e le strategie delle imprese acquisite. Longobardi è intervenuto durante la presentazione dei dati Unimpresa sugli investimenti di soggetti esteri nelle società per azioni italiane quotate in Borsa. Investimenti che nell’ultimo anno hanno visto crescere la capitalizzazione complessiva di 159 miliardi di euro. Mentre il 53% delle imprese (anche le non quotate) è controllato dalle famiglie. Da gennaio 2013 a gennaio 2014, secondo Unimpresa il capitale delle spa quotate del nostro Paese è passato da 354,7 miliardi di euro a 514,3 miliardi in crescita di 159,5 miliardi (+45%). Sul listino tricolore cresce il peso degli azionisti “non italiani” che ora hanno partecipazioni di imprese quotate della Penisola pari a 215,1 miliardi, il 41,8% del totale. Predominante, seppur in leggera diminuzione, il peso delle famiglie nel capitale delle aziende (quotate e non) con partecipazioni pari a 893 miliardi, in aumento di 111,7 miliardi.
Questi i dati principali di un rapporto del Centro studi di Unimpresa, sull’andamento del valore delle aziende italiane nell’ultimo anno. Secondo l’analisi di Unimpresa, basata su dati della Banca d’Italia, da gennaio 2013 a gennaio 2014, si è assistito a uno scatto in avanti del valore delle spa presenti sui listini di piazza Affari. Le partecipazioni di spa quotate in mano alle imprese italiane a gennaio 2014 valevano 141,6 miliardi (il 27,5% del totale) in crescita di 50,5 miliardi (+55,5%) rispetto ai 91 miliardi di gennaio 2013. Le banche continuano ad avere una presenza forte, seppure in lieve calo, nel capitale delle spa quotate con il 6,4%, pari a 32,7 miliardi in crescita di 572 milioni (+1,8%).
Lo Stato centrale ha nel suo portafoglio titoli azionari quotati italiani per 16,1 miliardi (+3,1%), in aumento di 5,3 miliardi (+48,9%) rispetto ai 10,8 miliardi di un anno prima. I privati (famiglie) controllano quote pari a 69,2 miliardi (il 13,5% del totale), cresciute di 14,6 miliardi (+26,8%) rispetto ai 54,6 miliardi dell’anno precedente. Gli stranieri controllano il 41,8% di piazza A ffari con partecipazioni pari a 215,1 miliardi in aumento di 75,6 miliardi rispetto ai 139,5 miliardi di gennaio 2013. Complessivamente il valore delle società italiane quotate è salito in un anno di 159,5 miliardi (+45%) da 354,7 miliardi a 514,3 miliardi.
Le spa italiane, comprese le quotate, valgono (gennaio 2014) 1.955,7 miliardi, in aumento di 290,6 miliardi (+17,5%) rispetto ai 1.665,1 miliardi di gennaio 2013. Le imprese detengono il 12,4% pari a 242,4 miliardi, in aumento di 25,2 miliardi (+11,6%) sui 217,05 miliardi di un anno prima. Le banche hanno il 7% pari a 136,7 miliardi, in lieve calo di 3,5 miliardi (-2,5%) rispetto a 140,3 miliardi. Stabile anche la quota dello Stato centrale che ora ha il 5,2% di spa con 102,05 miliardi, in aumento di 5,3 miliardi (+5,5%) rispetto ai 96,7 miliardi precedenti. I privati detengono il 45,7% di società per azioni, a conferma del carattere familiare dell’imprenditoria italiana, con 893,6 miliardi in aumento di 111,7 miliardi (+14,3%) rispetto ai 781,8 miliardi del 2013. La quota di imprese ita liane in mano agli stranieri, che corrisponde al 22,2% del totale, è aumentata di 103,4 miliardi (+31,2%) da 331,4 miliardi a 434,8 miliardi. Secondo Longobardi la crisi che sta colpendo l’Italia più di altri Paesi sta consegnando di fatto i pezzi pregiati della nostra economia a soggetti stranieri, che non sempre comprano con prospettive di lungo periodo o di investimento, ma spesso per fini speculativi.