Miniere. Il settore estrattivo vale il 2% del Pil
con oltre 1570 imprese attive.

Il settore estrattivo in Italia vale 40 miliardi

 

1574 imprese attive sul territorio per un valore corrispondente a quasi il 2% del PIL italiano. Sono i numeri del settore delle attività estrattive in Italia, presentati oggi all’Università degli studi di Milano-Bicocca

 

1574 imprese, di cui il 99,5% di dimensioni da piccolissime a medie, con un giro d’affari che si aggira intorno ai 40 miliardi, pari al 2% del PIL. Sono le dimensioni del settore dell’industria estrattiva italiana. I dati sono stati presentati questa mattina, presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, e fanno parte della ricerca “Il settore estrattivo in Italia. Analisi e valutazione delle strategie competitive per lo sviluppo sostenibile” condotta dal CRIET, Centro di Ricerca Interuniversitario in Economia del Territorio con sede all’Università di Milano-Bicocca.

 

Quando si parla di settore estrattivo di solito si tende a ritenere che ad esso facciano riferimento solo risorse quali petrolio, carbone, gas naturale e metalli preziosi, da sempre oggetto di maggiore attenzione pubblica. Tuttavia, nel settore estrattivo sono ricomprese anche le attività connesse all’estrazione di materie prime non energetiche che rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo economico di ogni Paese.

 

Come ha affermato l’Ing. Domenico Savoca, dirigente della Regione Lombardia e coordinatore del Comitato Strategico Operativo del Laboratorio Materie Prime, “La ricerca condotta da CRIET ha il grande valore di tracciare un quadro organico del settore delle attività estrattive non energetiche in Italia e, in particolare, delle diverse aree di affari che lo compongono.”

 

La ricerca si è composta di tre fasi fondamentali, tra loro interconnesse: un’analisi economico-finanziaria delle imprese del settore, con l’obiettivo di valutare i livelli di redditività, di solidità patrimoniale e della situazione di equilibrio finanziario; l’analisi competitiva del settore, sviluppata attraverso un’indagine quantitativa sulle imprese, finalizzata a delineare il posizionamento strategico e i fattori chiave di successo delle imprese di settore; infine, l’analisi delle best practices, mediante interviste dirette ad imprenditori di rilievo, per individuare quali siano le condotte strategiche e i modelli di business adottati dalle imprese di successo.

 

Dalla ricerca nel suo complesso, emerge come nel nostro Paese il settore non solo sia attivo, ma mediamente generi un volume d’affari annuo pari a 4 miliardi di euro. Il settore acquisisce maggior rilevanza specie se si considera il fatturato dell’intera filiera: il giro d’affari prodotto dalle 1574 imprese attive sul territorio si attesta infatti a un valore di 40 miliardi di euro corrispondente a quasi il 2% del PIL italiano. Con riferimento alla dimensione aziendale, il settore è composto per il 74,5% da micro imprese, il 22% da piccole, il 3% da medie e soltanto lo 0,5% sono grandi (dati 2011). Le attività estrattive si concentrano per lo più nel Nord Italia, con una considerevole importanza della Lombardia sia per numero di aziende che per fatturato prodotto. Dal punto di vista dei materiali, sono “ghiaie, sabbie, argille e caolino” (50,5%) e “pietre ornamentali e da costruzione, calcare, pietra da gesso, creta e ardesia” (40,5%) le materie prime che vengono estratte in modo preponderante.

 

Dai dati di bilancio ufficiali il settore appare in contrazione per la progressiva diminuzione dei ricavi di vendita – la variazione negativa nel 2011 si assesta al mezzo punto percentuale – e degli utili (-18,83% rispetto all’anno precedente).

 

I principali indici (Tabella 1) mostrano comunque un accettabile “stato di salute” del settore estrattivo in senso stretto, con riferimento alla situazione di equilibrio economico, finanziario e patrimoniale. La situazione appare decisamente più critica per quelle imprese che si sono integrate a valle nella filiera; seppur tale settore appaia in equilibrio dal punto di vista finanziario, l’utile del 2011 è calato del 71,46% rispetto all’anno precedente e gli indici di reddittività mostrano una perdita di competitività del settore.

 

 

 

Tabella 1 – Analisi economico-finanziaria settore estrattivo a livello nazionale

 

 

 

Settore estrattivo

in senso stretto

Settore estrattivo

integrato a valle

 

2010

2011

Var %

2010

2011

Var %

ROE (%)

1,71

1,45

-15,20%

2,07

0,61

-70,53%

ROI (%)

2,34

2,43

3,85%

2,32

0,66

-71,55%

ROS (%)

4,40

4,57

3,86%

4,55

1,30

-71,43%

EBITDA/Vendite (%)

11,78

11,70

-0,68%

14,09

12,36

-12,28%

Oneri finanziari/Fatturato (%)

2,04

2,37

16,18%

2,87

3,17

10,45%

Indice di liquidità

0,85

0,86

1,18%

1,03

1,10

6,80%

Indice di disponibilità

1,13

1,13

0,00%

1,40

1,49

6,43%

Indice copertura immobilizzazioni

1,01

1,01

0,00%

1,05

1,07

1,90%

Rapporto di indebitamento

2,54

2,61

2,76%

2,13

2,10

-1,41%

Indice indebitamento a breve

0,70

0,69

-1,43%

0,50

0,48

-4,00%

Fatturato (M€)

3.312,76

3.296,22

-0,50%

8.170,73

7.772,42

-4,87%

Risultato di esercizio (M€)

41,84

33,96

-18,83%

153,45

43,80

-71,46%

Fonte: elaborazione su dati AIDA

 

L’analisi competitiva del settore, condotta attraverso la somministrazione di un questionario erogato a 658 imprese, mostra come il settore estrattivo sia caratterizzato da un elevato grado di radicamento territoriale, strutture organizzative semplici, partecipazione diretta della proprietà al governo e alla gestione d’impresa, comportamenti strategici informali e interesse verso opzioni di internazionalizzazione solo nel caso dei produttori di pietre ornamentali.

 

“In particolare – aggiunge Angelo Di Gregorio, direttore di CRIET – dall’indagine competitiva è emerso come le imprese abbiano una ridotta consapevolezza dei propri punti di forza, e abbiano una limitata percezione delle opportunità presenti sul mercato, quali ad esempio quelle offerte dalle iniziative eco-sostenibili; infine, risulta come le imprese attribuiscano una scarsa importanza alla fase di pianificazione strategica, intesa come processo consapevole. Sono infatti molteplici le aziende che competono senza aver delineato una propria strategia, finendo così col subire le pressioni ambientali”.

 

“A fronte delle criticità del settore evidenziate – conclude l’Ing. Franco Terlizzese, direttore generale presso il Ministero Sviluppo Economico, Direzione Risorse Minerarie ed Energetiche – sono ipotizzabili alcune aree di intervento e di miglioramento. Ad esempio investimenti in attività di comunicazione e nella capacità di sviluppare relazioni in ambito internazionale. Sono altresì importanti la definizione dei gap della filiera, per esporre esigenze e fabbisogni delle imprese all’attenzione dei ministri competenti, e il rafforzare il partenariato tra Governo ed imprese, ma certamente anche il tema dello sviluppo e l’impegno delle aziende italiane nel riciclo e nei progetti di “mining sostenibile” nell’ambito dell’impegno comunitario con riferimento all’EIP – European Innovation Partnership”.

 

Consulta qui la sintesi della ricerca

 

 

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