di Tiziano Marelli, www.tizianomarelli.com. Il derby “der Cuppolone” si è chiuso in perfetta parità, anche ben oltre l’avvenimento meramente calcistico. Infatti, oltre ad Hernanes, che ha contribuito pro e contro la sua squadra a rendere bilanciato il risultato della partita forse più a rischio del nostro Campionato, le tifoserie si sono date molto da fare per proprio conto prima dell’incontro, non riuscendo a prevalere l’una sull’altra, e alla fine la loro particolarissima tenzone – che si rinnova ogni volta si presenti l’occasione agognata di incontrarsi (scontrasi è termine più azzeccato) – si è conclusa in perfetto equilibrio. Sull’onda di un sacrilegio intollerabile da vendicare – udite, udite: una bandiera rubata da ultrà romanisti ad un ragazzo laziale, prima dell’incontro d’andata – stavolta si sono registrati cinque accoltellati, ma attenzione: due per parte, più un agnostico non del tutto schierato, la cui unica colpa era quella di voler andare a vedere una partita di calcio segnata contrassegnata col bollino rosso. I quattro “puncicati con le lame” (testuale, da un quotidiano della capitale) si sono fatti ricoverare per ferite più o meno gravi (hanno prevalso quelle meno, per fortuna), prima di essere accompagnati in Questura per le pratiche di rito e il pallido Daspo che ne consegue. In corsia le cronache non dicono se hanno avuto modo di incrociare i sei agenti di Polizia rimasti feriti nel baillamme, ma le stesse riportano il fatto che le tifoserie, all’unisono, ad un certo punto hanno smesso di darsi reciproche coltellate e legnate di santa ragione per rivolgere invece ai tutori dell’ordine pubblico la loro augusta attenzione e, mischiato in fretta e furia il giallorosso e il biancazzurro, calate sciarpe e berretti sulle loro capienti (anche di materia cerebrale) capocce, ci hanno dato dentro di bombe incendiarie, sampietrini e quant’altro capitava loro sottomano. Sempre per la cronaca, la promessa è quella di ritrovarsi per un’altra scampagnata simile, al prossimo appuntamento che la sorte permetterà per l’augusto (quasi un imperativo-imperatore: siamo sempre a Roma!) scontro. Evviva.
Il mistero Cellino e lo stadio di casa in movimento
Il Cagliari è appena andato a giocare in trasferta a Catania, una distanza calcolabile in un braccio di mare o poco più. Il prossimo turno lo farà invece “in casa”, a più di mille chilometri di distanza. Che cosa c’entri Trieste con la Sardegna lo sa solo il presidente Cellino, che in maniera lungimirante aveva iscritto la città giuliana come sede casalinga della squadra isolana. Come sia potuto succedere tutto questo è uno dei misteri (per niente) gloriosi del nostro calcio nazionale, ma forse basta una rapida sintesi. Infatti, dopo aver tentato di costruire un nuovo stadio a fianco dell’aeroporto cagliaritano e trovandoselo prontamente vietato per il fatto che un incidente da velivolo in decollo o atterraggio avrebbe provocato decine di volte più morti che un’autobomba nei mercati centrali di Kabul, il prode Cellino ha virato su Quartu Sant’Elena, (mal) consigliato anche dal sindaco del posto. Qui ha costruito uno stadio prefabbricato, praticamente sopra le tane dei fenicotteri rosa del posto, sbattendosene degli alti strilli delle associazioni ambientalistiche, da lui considerate alla stregua di pidocchi fastidiosi. Una volta tanto le cose invece hanno funzionato in questo Paese in genere scarsamente sensibile alle tematiche ambientaliste, così i pidocchi e i fenicotteri hanno trionfato, lo stadio è stato dichiarato fuorilegge, e Cellino per soprammercato pure rinchiuso in gattabuia, dalla quale non voleva più uscire perché da quando lui era ospite lì la sua squadra non perdeva più, e non sto per niente scherzando! Ha dovuto invece abbozzare, e accettare la libertà a domicilio, che fra l’altro sconta in un centro sportivo, tanto per non farsi mancare l’aria che respira meglio.
Non ho notizie certe, ma sono sicuro che alla ricerca del nuovo sito per lo stadio dei rossoblù stia anche vagliano la possibilità di installarlo al centro della Sardegna, alla Giara di Gesturi. Lì il verde e il pianeggiante sono assicurati, quindi basta aggiungere un po’ di righe bianche e le tribune smontate di qua e montata là, e il gioco (del calcio) è fatto. Che poi sia uno dei luoghi più protetti e incontaminati del pianeta son certo che sarà pensiero che non lo sfiorerà nemmeno, e i cavallini nani che ne sono l’attrattiva secolare sarà facile chiuderli per lui chiuderli in un recinto e magari far pagare un biglietto d’ingresso per ammirarli, anche se in migliaia di anni a domarli non c’è mai riuscito nessuno. Ma Cellino chi vuoi che lo fermi? Fra l’altro, l’Inter no di certo, che sarà la prossima avversaria del Cagliari proprio a Trieste: in casa, fuori o dove non si capisce, di questi tempi la squadra nerazzurra è disposta fare regali a tutti. A cani, porci e senz’altro pure ai presidenti detenuti.
SuperMario, le supermulte e i timori del tabagista in trasferta
Certo che di Balotelli e delle sue carrambate da bambino cresciutello e un po’ rimbambito non ci si stanca mai di godere. Stavolta, oltre a tre giornate di squalifica beccate contro la Fiorentina come da copione normale prima del suo arrivo al Milan (quindi fra un po’ sarà normale anche lì: i tempi stringono), si è preso 50mila euro di multa perché è stato beccato a fumare nei gabinetti del treno sulla tratta Milano-Firenze, in avvicinamento logistico alla partita del Franchi. In verità, mi ha preso un colpo, percorrendo spesso anch’io quella tratta; già, perché non è stato chiaro per niente se la botta monetaria a passivo corposo di conto in banca è arrivata dalla società di Via Turati oppure da Trenitalia. Se fosse il secondo caso, giuro che non mi sognerò mai più nemmeno lontanamente il solo pensare di trasgredire aspirando boccate nei cessi del Frecciarossa, e che semmai scriverò una lettera di protesta a chi di dovere. Va bene che il fumo fa male, ma che debba pure far finire a dormire sotto i ponti chi è colpito dal brutto vizio tabagista, magari dopo aver venduto anche l’argenteria di casa per pagare la multa, ennò eh!