# Psicoanalisi

Tratto dal libro di Erich Fromm  “Da avere a essere” a cura di Rainer Funk. Oscar Mondadori Pag 110-111 e 135

Tutti gli scritti esclusi da “Avere o essere?”

L’individuo non incontrerebbe tante difficoltà a capire se stesso, spazzando via tra l’altro ogni illusione, se non fosse costantemente manipolato e derubato della facoltà di formulare un pensiero critico. Egli è invece fuorviato, ossia indotto a pensieri e sentimenti che non penserebbe né sentirebbe, se non fosse sottoposto a suggestioni continue e a raffinati metodi di manipolazione. A meno che non sia capace di cogliere il vero significato dietro i discorsi ambigui e la verità dietro le illusioni, non sa nemmeno percepire se stesso nella sua identità: viceversa, riesce a percepire semmai la proiezione di sé, vale a dire come dovrebbe essere.

Che cosa so di me fino a quando non so che l’immagine, che ho di me stesso, è in massima parte un prodotto artificioso e che la maggioranza delle persone – me incluso- mente non sapendo di mentire? Che cosa sono sintantoché non so che la <difesa> significa guerra, il <dovere> sottomissione, la <virtù> ubbidienza e il <peccato> insubordinazione? Che l’idea che i figli amino i genitori istintivamente è un mito? Che la celebrità si fonda solo raramente su qualità umane pregevoli e che spesso non dipende nemmeno dai risultati effettivi? Che la storiografia è distorta, perchè viene scritta dai vincitori? Che la modestia ostentata non è necessariamente la prova dell’assenza della vanità? Che l’amore è il contrario della passione violenta e della bramosia? Che ciascuno cerca di razionalizzare le cattive intenzioni e le azioni malvagie in modo da farle apparire nobili e benevole? Che la sete di potere significa calpestare la verità, la giustizia e l’amore? Che l’odierna società industriale è regolata dai principi del tornaconto egoistico, dell’avere e del consumo, e non è guidata dall’amore e dal rispetto per la vita come, invece, predica? Se non sono capace di analizzare gli aspetti oscuri della società in cui vivo, non posso neanche sapere chi sono, perchè non so in che senso io non sono io.

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Prometeo portò agli uomini il fuoco per affrancarli dall’arbitrio della natura. Nella nostra epoca l’uomo si è reso schiavo de quel fuoco che doveva liberarlo. L’uomo del nostro tempo porta la maschera del gigante, mentre è debole, inetto e dipendente dalle macchine che <egli> ha costruito. Contemporaneamente dipende dai capi che garantiscono l’ineccepibile funzionamento della società e insieme è succubo di un ingranaggio perfettamente funzionante. Ha paura della morte perchè con la morte perde tutti i requisiti e diviene solo <un uomo senza né rango né nome>, angustiato dall’interrogativo: “Chi sono?“.

L’uomo moderno ha molte cose e usa numerosi oggetti ma egli è molto poco. I suoi sentimenti e pensieri si sono atrofizzati come muscoli che non siano tenuti in allenamento. Teme qualunque mutamento sociale perché ogni disturbo dell’equilibrio esistente rappresenta per lui il caos o la morte – forse non in senso fisico, ma in quanto fine della sua identità.

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