Che cosa succederebbe se venisse data facoltà ai lavoratori di decidere come utilizzare le quote di TFR, eliminando l’obbligo all’accantonamento?Se ne discuterà nel corso del convegno – riservato a direttori e dirigenti della funzione HR e agli imprenditori, organizzato a Milano per il giorno 19 settembre dall’Associazione direttori del personale G.I.D.P. – www.gidp.it – valutando da un lato i vantaggi e gli svantaggi per lo Stato, per le aziende e per i lavoratori, dall’altro le difficoltà di realizzazione e le obiezioni delle parti sociali e dei vari stakeholders.
L’Italia è l’unico Stato, tra i 12 fondatori dell’Unione Europea, dove esiste il TFR.
L’indennità di liquidazione venne istituita il 30 aprile 1927 per proteggere il lavoratore nell’ambito di uno scambio sociale tra datori di lavoro e lavoratori. La legge n. 297 del 29 Maggio 1982 ha riformato la disciplina precedente, sostituendola con il TFR. Con il decreto legislativo 5 Dicembre 2005 n. 252 è stata emanata la nuova riforma della previdenza complementare con cui si regola la destinazione del TFR ai fondi pensione complementari.
Il TFR rientra nel calcolo dello stipendio medio italiano, anche se di fatto non viene versato ai lavoratori. Che cosa succederebbe se venisse data facoltà ai lavoratori di decidere come utilizzare le quote di nuovo TFR, eliminando l’obbligo all’accantonamento?
“Il TFR è una gamba della pensione futura, così viene tolto dalla disponibilità del lavoratore. È un contributo da versare obbligatoriamente per riequilibrare i conti dell’INPS o per arricchire le società di gestione dei fondi di categoria”, dice Luca Manzoni, ad di Nuncas secondo cui fra i suoi dipendenti più del 75% è d’accordo con la sua proposta di dare facoltà a ciascun lavoratore di scegliere come spendere e a cosa destinare il proprio TFR. Questo non solo in nome del principio che i lavoratori sono cittadini liberi e come tali devono essere trattati, chiarisce Nuncas, ma anche in vista dell’impatto positivo che si verrebbe a creare sull’economia. “Lo Stato incasserebbe subito i contributi e l’IRPEF e se anche solo la metà del TFR netto versato ai lavoratori andasse in consumi questi aumenterebbero di 10-12 miliardi”.
Di diverso parere Giuseppe Mansolillo, segretario generale FIM-CISL Milano Metropoli, che non percepisce un arricchimento delle società di gestione dei fondi di categoria, considerato che molte hanno già elargito importanti somme di denaro, dovendo liquidare i lavoratori che ne hanno fatto richiesta. Mansolillo poi, al contrario di Manzoni, considera come un rischio la libertà di poter scegliere cosa fare del proprio TFR perché “se la gente avesse i soldi subito li spenderebbe e così si smetterebbe di progettare il futuro, mentre finora molti, da anziani, del TFR hanno fatto un uso importante”.
D’accordo con la proposta dell’Ingegner Manzoni, ma a patto che sia realizzata in accordo con i sindacati e i fondi di categoria è Paolo Citterio, presidente Nazionale G.I.D.P. che specifica “Certo il TFR mensile sarebbe ossigeno per chi non ce la fa a vivere normalmente, ma va anche detto che un buon gruzzolo a fine rapporto può far realizzare molti sogni”.
Il convegno si terrà alle ore 16.30 presso la sede di NCTM – Studio Legale Associato in via Agnello, 12 e vedrà la partecipazione come relatori di Michele Bignami – socio e coordinatore responsabile del Dipartimento di Diritto del Lavoro di NCTM Studio Legale Associato, Fabio Carniol – managing director per l’Italia, Towers Watson, Luca Manzoni, amministratore delegato di Nuncas, Giuseppe Mansolillo, segretario generale FIM-CISL Milano Metropoli, Aldo Amoretti, presidente dell’Associazione 20 Maggio Flessibilità Sicura.