Venerdì 29 la Camera di Commercio Italo-Brasiliana CCIB festeggia i suoi primi 60 anni. La Camera in questi anni di attività ha svolto numerose attività a favore dello sviluppo commerciale tra Italia e Brasile. Ha aiutato numerose aziende a orientarsi nei mercati brasiliani. Grandi e piccole imprese che hanno potuto pianificare le loro relazioni commerciali e industriali appoggiati dalla Camera. “Il Brasile è un Paese diverso da ogni altra realtà sud americana” dice il presidente della Camera Luciano Feletto. “Per non perdere occasioni, tempo e investimenti, per prima cosa bisogna avere le idee chiare su che cosa si vuole fare. Poi è necessario acquisire informazioni precise sulle dogane, sul regime fiscale e la fiscalità del paese, sulla gestione societaria, diritto del lavoro, import ed export dei capitali e degli utili. Evitando un fai da te che rischia di bruciare opportunità e investimenti”.
Com-Tech Italia da alcuni anni è presente con Com-Tech do Brasil nello Stato di Sao Paulo e più precisamente a Bragança Paulista dove produce e vende componenti passivi per la trasmissione del segnale televisivo. “Ci siamo avvicinati alla Camera di Commercio Italo-Brasiliana dopo aver contattato diversi enti istituzionali sia italiani che brasiliani: dai consolati agli istituti di commercio estero”, dice il ceo dell’azienda Davide Valenti. “Abbiamo chiesto loro di affiancarci nell’avvio della società in Brasile con un sostegno nell’internazionalizzazione e servizi di consulenza”.
Quali sono state le problematiche che avete riscontrato per l’espansione della vostra azienda in Brasile?
“Le principali problematiche si sono rivelate essere quelle di ordine burocratico-legale. In particolar modo ci riferiamo all’incertezza riguardo alle tempistiche di conclusione delle pratiche di autorizzazione. A queste si possono aggiungere le difficoltà legate alla diversità culturale con il nostro paese, soprattutto per quanto riguarda il mondo del lavoro. Ad esempio ci siamo dovuti confrontare con la bassa se non inesistenze, fidelizzazione, legame dei dipendenti verso l’azienda”.
Quali sono i principali ostacoli per poter lavorare oggi in Brasile?
La mutevolezza delle politiche doganali federali e le difficoltà culturali nella gestione dei rapporti di lavoro con le risorse umane locali.
Nel luglio del 2010 Chromavis Fareva leader nel settore cosmetico ha deciso di entrare in Brasile con un sito produttivo situato a Cotia nello Stato di San Paolo, per portare nel paese tecnologie e prodotti che altrimenti per problematiche di dazi ed eccessiva distanza non avrebbero potuto esportare direttamente dall’Europa. Prima di sondare il terreno l’azienda ha deciso di rivolgersi alla CCIB, “che ci era stata raccomandata da un azienda di un settore differente ma che aveva già potuto approcciare il Paese grazie e con i servizi offerti dalla Camera”, dice Roberto Petrucci, coo/cfo dell’azienda. L’idea di praticare la strada Brasile è stata il frutto di un’attenta analisi di quel mercato da cui è emerso in modo chiaro la presenza di pochi produttori locali di make-up; la presenza sul mercato di prodotti non all’avanguardia rispetto alle esigenze europee e nord americane e una grandissima richiesta di prodotti innovativi.
Come è stato il vostro approccio con il Paese e quali sono stati i supporti della CCIB?
“Inizialmente abbiamo commesso un errore come molte altre realtà grandi e piccole che siano”, prosegue Petrucci. “Chromavis è entrata nel mercato brasiliano pensando di poter affrontare le problematiche e la burocrazia del paese direttamente con le proprie competenze, ma viste le difficoltà riscontrate, in particolare riguardo alla necessità di dover finanziare la nascente filiale ha iniziato a cercare possibili aiuti e da qui siamo arrivati alla collaborazione con CCIB nel 2011, collaborazione che continua tuttora in modo proficuo”. Chromavis opera nel settore B2B cosmetico e produce praticamente per tutte le aziende del settore.” La nostra caratteristica è che noi siamo formulatori, vale a dire che il nostro mestiere non è quello del filler, in quanto i clienti vengono da noi (e da aziende simili alla nostra) perché vogliono il prodotto che siamo in grado di produrre e non invece per farci produrre qualcosa da loro ed esternalizzato per pura convenienza di costi”, prosegue Petrucci.
Quali sono stati i servizi essenziali utilizzati?
“Siamo partiti da una esigenza specifica, cioè trovare una soluzione alla nostra necessità di finanziare la filiale, poi abbiamo iniziato a chiedere il supporto per tematiche specifiche legali e doganali, per poi trasformarsi in un accordo quadro per un’attività di supporto a 360°.
Utilizzate maestranze locali per gestire la sede brasiliana o avete trasferito personale italiano?
“Attualmente abbiamo tre persone – middle management – che sono state trasferite in Brasile per un periodo di 2-3 anni”, prosegue Petrucci. “In questi anni abbiamo inviato task force temporanee per supportare l’attività (in media 5-6 persone per un paio di mesi). Questo è stato necessario durante la fase di start up dell’attività produttiva e quando c’è stata una crescita importante di volumi, in modo da poter garantire un adeguato livello di servizio ai clienti locali. Inoltre il board è presente in maniera costante nella sede brasiliana con alcuni suoi componenti. Per semplicità possiamo dire che un membro della direzione di corporate a rotazione è presente tutti i mesi per almeno una settimana”. Tutto questo è necessario per garantire l’integrazione della filiale con il Gruppo, per creare una cultura comune e nel contempo per assicurare ai clienti brasiliani gli stessi standard di prodotto e servizio che Chromavis garantisce in tutto il mondo.