L’identikit tracciato dall’Osservatorio AUB è quello di un Piemonte abitato da aziende molto longeve, con un controllo saldamente nelle mani dei membri della famiglia, che sono solite “tramandare la ricetta” di padre in figlio e che presidiano i ruoli di vertice in azienda. Diciotto le aziende familiari del settore alimentare con fatturato superiore ai 50 milioni di euro (rispetto alle 229 presenti in Italia) per un fatturato complessivo di 5,7 miliardi (il 12% di quanto realizzato dalle aziende familiari italiane di medie e grandi dimensioni attive nell’alimentare).Alla presentazione dell’Osservatorio AUB (AIdAF UniCredit Bocconi) sulle aziende familiari del comparto alimentare è seguita una tavola rotonda con la partecipazione di esponenti del mondo imprenditoriale, delle banche e dell’università come Alberto Balocco, presidente e amministratore delegato Balocco, Guido Corbetta, docente della cattedra AIdAF-EY dell’Università Bocconi, Alberto Bertone, presidente e amministratore delegato Acqua Sant’Anna, Giacomo Ponti, amministratore delegato Ponti, Alessandro Cataldo, responsabile corporate sales & marketing UniCredit, Dario Prunotto, responsabile private banking network Italy Unicredit e Elena Zambon, presidente AIdAF
L’Osservatorio prosegue il monitoraggio – avviato con la prima edizione 2009 – delle strutture, delle dinamiche e delle performance di tutte le aziende familiari italiane con ricavi superiori a 50 milioni.
Il comparto alimentare, con un fatturato complessivo pari a 130 miliardi di euro, 405 mila addetti e 6.250 Pmi industriali, consolida il suo ruolo di seconda industria manifatturiera in Italia dopo quella metalmeccanica. L’Osservatorio ha identificato 373 aziende che operano nell’industria alimentare con un fatturato superiore a 50 milioni di euro nel 2012. Dall’analisi delle strutture proprietarie è emerso come 229 imprese, (69,4% del totale) è caratterizzato da una proprietà a controllo familiare, un’incidenza superiore a quella rilevata dall’Osservatorio (58%) su tutte le aziende italiane di medio grandi dimensioni. Si osserva anche una maggiore presenza di cooperative e consorzi (il 10,2% contro una media nazionale pari al 5,6%), da ascrivere all’elevato livello di polverizzazione produttiva ed organizzativa che caratterizza l’industria alimentare italiana. Le 229 aziende familiari oggetto dell’analisi nazionale generano un fatturato di 47,4 miliardi di euro che rappresenta il 36,5% del fatturato dell’intero comparto alimentare.
In questo contesto il Piemonte si conferma una regione nella quale il comparto alimentare è importante, 18 delle 229 aziende familiari alimentari di medie e grandi dimensioni (il 7,9%) risiedono in questa regione e realizzano ben 5,7 miliardi di euro di fatturato. Il fatturato medio di tali aziende è di 317 milioni di euro, ben superiore alla media nazionale delle altre aziende familiari attive nell’alimentare (207 milioni di euro). Anche l’età media delle aziende alimentari piemontesi è superiore (34,7 anni vs i 33,8 delle familiari alimentari e i 29 anni delle familiari in generale), a conferma del fatto che un settore così tradizionale come quello alimentare, in Piemonte riveste un ruolo ed una storia estremamente importante a supporto di tutta l’economia di questo territorio.
Tornando allo scenario nazionale, le aziende alimentari oggetto dell’indagine sono state suddivise in cinque settori: bevande, caseario, dolciario, conserviero, alimentari diverse (es. lavorazione e conservazione di carni). Dall’indagine si registra una presenza dominante (68,3%) di aziende familiari con oltre 25 anni di età e, inoltre, che il capitale di tre aziende su quattro (78,3%) è ancora saldamente nelle mani della famiglia proprietaria. Nell’industria alimentare si riscontra la tendenza a tramandare la “ricetta” di padre in figlio: circa il 30% delle aziende è di prima generazione e il 7,1% ha superato la terza generazione. L’83,7% delle aziende ha un leader familiare al comando e nei casi di successione le aziende dell’alimentare hanno conseguito performance superiori quando il passaggio del testimone è avvenuto tra membri della stessa famiglia. Queste evidenze possono essere ascritte alle specificità dell’industria alimentare che richiede, oltre a competenze e know how tecnici, una sensibilità particolare nei confronti del prodotto, caratterizzato da emozionalità, naturalità, artigianalità, storia e rispetto delle tradizioni. La stretta relazione tra famiglia ed impresa non ha impedito una evoluzione dei modelli di governo, tanto che le aziende dell’alimentare si sono orientate negli ultimi anni verso modelli di vertice più complessi: il 45,8% delle aziende risulta guidato nell’ultimo anno da un team di amministratori delegati (vs. il 33,7% di 10 anni prima) e solo il 10,6% da un amministratore unico (vs. il 20,4% di 10 anni prima).
Le aziende familiari dell’alimentare sono caratterizzate da un ridotto dinamismo al vertice. Fenomeno che trova riscontro nell’aumento dell’età media del leader aziendale, che alla fine del 2012 ha superato i 60 anni. Tra le aziende familiari dell’alimentare sono quelle guidate da leader con una maggiore esperienza e professionalmente legati all’azienda a conseguire performance superiori.
I dati dell’Osservatorio sembrano confermare il carattere anticiclico dell’industria alimentare che ha mostrato segnali di tenuta più evidenti rispetto al resto del Paese. Infatti, ad una maggiore tenuta dei tassi di redditività nell’anno più acuto della crisi (2009) è seguito un brusco calo nel biennio successivo mentre nel 2012 si è assistito ad una inversione di tendenza, seppur di lieve entità. Il settore con le performance più elevate è quello delle bevande, da ascrivere probabilmente alla elevata presenza di aziende vitivinicole.
L’Osservatorio mette in luce come ci siano ampi spazi di crescita per le aziende dell’industria alimentare. Con riferimento agli investimenti diretti all’estero il 42,3% delle aziende familiari dell’alimentare ha nel proprio attivo almeno una partecipazione all’estero. Tale dato evidenzia un certo ritardo nell’approdare con decisione sui mercati emergenti. Inoltre soltanto il 13,5% delle aziende esaminate ha effettuato almeno una operazione di acquisizione negli ultimi tredici anni e i dati di performance evidenziano che queste aziende hanno conseguito una maggiore redditività operativa e una maggiore solidità patrimoniale.
“Analizzando i risultati del focus AUB”, ha sottolineato Alessandro Cataldo, responsabile corporate sales & marketing UniCredit, “emerge che, nel settore alimentare che rappresenta sicuramente uno dei fiori all’occhiello del nostro made in Italy, internazionalizzazione (il 42% delle aziende in questione ha almeno una partecipazione all’estero) e crescita per linee esterne sono due importanti strategie di sviluppo. Entrambe costituiscono un momento di svolta molto delicato e importante nella vita di un’impresa, da realizzarsi con un piano di investimenti mirato ed efficace che deve tradursi in un ritorno economico adeguato e sostenibile. In questo contesto la banca vuole essere vicina all’impresa, non solo attraverso la concessione del credito, ma anche con servizi a valore aggiunto di advisory per operazioni di M&A, di supporto nell’identificazione dei paesi nei quali esportare e nella ricerca di controparti con cui realizzare nuovi affari.”
“Nei prossimi anni”, ha commentato Guido Corbetta, titolare della cattedra AIdAF-EY di Strategia delle aziende familiari dell’università Bocconi, “le aziende familiari dei comparti analizzati dovranno dotarsi delle competenze manageriali e delle risorse finanziarie di lungo termine per accelerare i processi di acquisizione e di internazionalizzazione. Solo così potranno mantenere ed anche aumentare il loro ruolo di leadership internazionale, cogliendo le grandi opportunità che si stanno manifestando nei comparti interessati”.
Dario Prunotto, responsabile private banking network Italy Unicredit, ha osservato che “nel focus sulle aziende appartenenti al comparto alimentare è emerso come circa il 69% di queste aziende sia caratterizzato da una proprietà familiare, un fenomeno riconducibile alle caratteristiche specifiche di questo business, tra cui il forte rapporto tra la famiglia stessa, la propria azienda ed il territorio di riferimento. Ora è importante che le aziende di questo comparto, una delle eccellenze dell’Italian Life Style, sappiano cogliere le sfide che le attendono e che si basano principalmente su crescita dimensionale, in primis attraverso l’internazionalizzazione, ed innovazione sia di prodotto che di processo, tematiche rispetto alle quali il Gruppo UniCredit è in grado di fornire un supporto professionale”.
“I dati ci dicono”, ha aggiunto Elena Zambon, presidente AIdAF, “come le aziende italiane che investono di più sulla qualità sono quelle che meglio competono a livello internazionale. Questo è ancor più vero per le imprese del comparto alimentare che, se da un lato si affermano quale seconda industria italiana, d’altro devono confrontarsi sui mercati esteri con realtà che “abusano” della qualità italiana. A ciò va aggiunta a mio avviso una considerazione sulla dimensione delle nostre aziende rispetto ad una dimensione ideale per competere sui mercati. Per molte imprese la crescita è fattore necessario e determinante per confrontarsi con le complessità in cui operano, ma ancor più rilevante ritengo sia la capacità di managerializzare l’impresa. Con riferimento al comparto alimentare, credo sia necessario individuare e realizzare specifiche azioni che permettano alle aziende di potersi alleare e approdare con più forza sui mercati internazionali esercitando così un maggior potere contrattuale nella catena distributiva.”
Ma quali siano gli ingredienti del successo del comparto alimentare piemontese?
Secondo Alberto Balocco, presidente e Ad dell’omonima azienda, tra i principali player del dolciario nazionale, “il capitalismo delle famiglie può essere un modello di successo se antepone gli interessi dell’impresa a quelli della famiglia, se investe e innova, se è in grado di aprirsi al mercato e se sa distinguere tra il ruolo della proprietà e quello della gestione.” Su passaggio generazionale e apertura a manager esterni, Balocco aggiunge: “Non si può dimenticare la regola aurea delle scuole di consulenza: mettere il proprio figlio al posto di comando solo se si è sicuri che sarà almeno pari al miglior manager che si possa trovare sul mercato.”
“Nel nostro caso”, ha spiegato Alberto Bertone, presidente delle Fonti di Vinadio Spa, leader delle acque minerali con il marchio Sant’Anna, “credo che il successo dipenda dal fatto che il modello familiare garantisce una grande rapidità e flessibilità decisionale, caratteristiche fondamentali, soprattutto in questo momento storico, che impone decisioni importanti giorno per giorno, a causa del continuo mutamento dei mercati di riferimento. Una governance più strutturata, articolata su più livelli, non ce lo permetterebbe.” E il futuro? Secondo Bertone “le nuove generazioni devono dimostrare sul campo la propria adeguatezza, dedicandosi anima e corpo alle attività di famiglia.”
D’accordo anche Giacomo Ponti, Ad della storica azienda leader dell’aceto e delle conserve di verdura: “il segreto del successo del modello familiare di impresa sta nella sua estrema adattabilità, nella rapidità con cui esso è in grado di rispondere in modo dinamico a scenari diversi, adattandosi alle mutate esigenze del mercato. Non esiste una regola standard. Questa modalità, che ogni azienda familiare, anche del comparto alimentare, esprime al massimo del suo potenziale, fa sì che molte aziende made in Italy, e in particolare del food, stiano avendo un grande successo anche a livello internazionale”. Come superare indenni il momento del passaggio generazionale? Secondo Ponti, perché possa realizzarsi nel migliore dei modi, “il passaggio generazionale, così come ogni altra decisione strategica o investimento importante, deve essere pianificato con il dovuto anticipo e in ogni sua fase, valutando a fondo lo scenario e le risorse, anche umane, a disposizione in Azienda.”
Schede aziende
BALOCCO SPA
L’azienda nata da una piccola pasticceria artigianale fondata nel 1927 a Fossano, oggi è uno dei principali player del mercato dolciario italiano. Storica azienda, 100% italiana e proprietà al 100% della famiglia Balocco, è giunta alla III Generazione con Alessandra e Alberto Balocco. Chiave importante per lo sviluppo dell’azienda è stata la diversificazione: la produzione dei prodotti dolciari da ricorrenza (panettoni, pandori e colombe) è stata affiancata negli ultimi anni dalla produzione di prodotti continuativi come i frollini per la prima colazione. Balocco è un prodigio ed esempio di successo del made in Italy: la storica azienda cuneese chiude il 2013 con un fatturato di 157 milioni di Euro (+11% rispetto al 2012), in linea con un trend di crescita che nell’ultimo decennio ha registrato 1 milione di euro al mese per 108 mesi consecutivi. Inoltre negli ultimi dieci anni la Società fossanese ha realizzato investimenti in tecnologia per oltre 44 milioni di euro: grazie alla massiccia iniezione di automazione.
FONTI DI VINADIO SPA
Azienda produttrice dell’Acqua Sant’Anna, marchio leader nel settore delle acque minerali, italiana al 100% e proprietà di un’azienda familiare. Consolidata la leadership nel settore delle acque minerali, l’Azienda ha individuato nuove opportunità di sviluppo nella crescita per linee interne e ha intrapreso un percorso di ulteriori investimenti finalizzati alla diversificazione e all’ampliamento della gamma prodotto, dapprima nel settore del the freddo creando SanThè, vero infuso di the in acqua Sant’Anna nel formato bicchierino, e poi con SanFruit, nettare di frutta in acqua Sant’Anna, il primo del settore ad offrire un succo di frutta nel formato bicchierino. Oggi l’azienda è il 3° produttore del mercato bevande ed è entrata nella classifica nazionale top 25 dei maggiori produttori del food&beverage. Inoltre Sant’Anna ha scritto una tappa miliare nella storia del settore creando Bio Bottle, la prima bottiglia al mondo di acqua minerale da 1,5 litri rivolta al mass market confezionata in una bottiglia biodegradabile, realizzata con un biopolimero di origine vegetale, che non utilizza neanche una goccia di petrolio! Per il Gruppo Fonti di Vinadio, il 2013 si è chiuso con un fatturato di ca. 230 milioni di euro.
PONTI SPA
Ponti Spa, fondata nel 1867 e tutt’ora guidata dalla stessa famiglia, al timone con la quarta e la quinta generazione. Ponti, è una delle imprese familiari ultra centenarie che hanno fatto la storia dell’imprenditoria italiana. Già nei primi anni del Novecento l’Azienda otteneva riconoscimenti alle fiere ed esposizioni internazionali. Alla seconda e terza generazione si deve l’espansione dell’attività artigianale a produzione di maggiori quantità. Alla quarta generazione si deve invece la politica di espansione ed acquisizione dei maggiori acetifici concorrenti, che ha portato ai 5 stabilimenti attivi oggi in 4 poli produttivi: due nella storica sede di Ghemme (Novara), e poi a Dosson di Casier (Treviso), Anagni (Frosinone) e Vignola (Modena). Forte della posizione consolidata negli Aceti di Vino Classici, è sempre la famiglia Ponti a dare un forte impulso al mercato dell’Aceto Balsamico di Modena, un prodotto pregiato, oggi di gran moda, che però aveva mantenuto un mercato pressoché locale fino al 1991, quando Ponti acquisisce l’80% di Modenaceti. Negli ultimi anni la Divisione Export dell’azienda ha dato un notevole impulso alle esportazioni che oggi valgono circa il 22% del fatturato; sono oltre 70 i Paesi di esportazione. Il 2013 si è chiuso superando i 116 milioni di euro di fatturato.