Di che pasta è fatto l’export italiano? Quando l’alimentare e le macchine fanno sistema? Due domande interessanti sulle quali si basa il Focus edito da SACE (Gruppo Cdp) dedicato al potenziale di crescita estera del settore agroalimentare e della meccanica strumentale ad esso correlata, in una logica di filiera.
Focalizzando l’analisi sulle performance di sei comparti d’eccellenza come pasta, vino, formaggi e relativi macchinari, in quattro mercati chiave come Stati Uniti, Cina, India e Messico, SACE rileva un potenziale di 400 milioni di euro di export aggiuntivo entro il 2019. Dal Focus emerge che l’export italiano di prodotti alimentari e macchinari per la loro trasformazione ha mostrato nell’ultimo anno una buona accelerazione nei suoi ritmi di crescita, con interessanti prospettive di sviluppo anche nel futuro. Metà dei 21 miliardi di euro di export alimentare nel 2015 ha riguardato tre prodotti: pasta, vino e formaggio, con performance che superano quelle di alcuni competitor – come Germania e Francia – e l’andamento mondiale. Dinamica simile si è registrata per i macchinari specifici per la produzione di questi tre alimenti, anche se la crescita delle vendite in questo caso è avvenuta a tassi più contenuti.
In un approccio di filiera, macchinari e alimenti possono essere due facce della stessa medaglia. La possibilità di fare sistema tra queste due eccellenze produttive italiane apre nuove possibilità nell’identificazione dei mercati di opportunità e di nuove strade nell’espansione nei mercati esteri. Focalizzandosi su sei comparti di opportunità (pasta, vino, formaggio, macchinari per la pasta, macchinari per il vino e macchinari per il formaggio) e su quattro destinazioni (Stati Uniti, Cina, India e Messico), diverse per dimensioni e caratteristiche ma ad alto potenziale, sarebbe possibile ottenere oltre 400 milioni di euro di export aggiuntivo entro il 2019. Il maggior export potenziale è trainato particolarmente dal comparto del vino e dagli Stati Uniti.