L’esperienza insegna che, tra le policies disponibili per il rilancio dell’economia, la stimolazione dell’attività edilizia diffusa coniuga efficacia e rapidità di attivazione.
Oggi è possibile aggiungere al sostegno del PIL e dell’occupazione – e al conseguente miglioramento del rapporto deficit/PIL – anche l’obiettivo ormai improcrastinabile della tutela ambientale. Affrontare con determinazione la minimizzazione delle emissioni causate dal comparto immobiliare è infatti un’esigenza riconosciuta anche dalla nuova Strategia Energetica Nazionale. Il potenziamento del nuovo meccanismo di incentivazione introdotto quest’anno e finalizzato a promuovere gli interventi più virtuosi (riqualificazione energetica profonda degli edifici e riduzione della vulnerabilità sismica), che potrebbe essere ottenuto rimuovendo le barriere al loro finanziamento, consentirebbe di farne uno strumento di sviluppo non legato ai lunghi tempi della pianificazione delle opere pubbliche, e combinerebbe la sua capacità espansiva con gli importanti vantaggi sociali, economici e ambientali che derivano dal particolare tipo di operazioni stimolate. Il percorso di razionalizzazione della policy ha preso avvio poco più di un anno fa quando, favorita dalla pubblicazione di nuove analisi e proposte(1), si è diffusa la consapevolezza che non fosse sufficiente basarla sulle proroghe annuali né sulla stabilizzazione degli incentivi esistenti, che si erano mostrati in grado di promuovere solo gli interventi meno efficaci e, paradossalmente, caratterizzati dal maggior costo per unità di energia risparmiata. Occorrevano modifiche in grado di orientare meglio le scelte dei proprietari e di abbattere le barriere che impediscono le decisioni condominiali. Un ordine del giorno approvato dalla Camera in occasione della discussione della legge di bilancio 2016 impegnava il Governo “a valutare l’opportunità di consentire la trasformazione della detrazione decennale in credito d’imposta cedibile agli intermediari finanziari”.
Con la legge di bilancio 2017 è iniziato un processo di trasformazione che, con l’introduzione della facoltà di cessione delle detrazioni consentita a tutti i beneficiari (agli incapienti di oggi e a quelli potenziali di domani), trasforma un incentivo inaffidabile in una risorsa certa. La sua limitazione agli interventi più virtuosi (deep renovation e miglioramento sismico) contribuisce a orientare meglio le scelte dei cittadini. Con un emendamento alla Manovrina, già approvato pochi giorni fa dalla Camera e ora al vaglio del Senato, si infrange il tabù della cessione delle detrazioni alle banche, sia pure limitatamente agli incapienti (accertati nell’anno precedente a quello di sostenimento delle spese) e solo per l’ecobonus. Probabilmente l’effetto aggiuntivo sarà molto limitato: gli incapienti potevano già cedere ad altri soggetti diversi dalle banche; e le banche potranno utilizzare i crediti acquistati solo in compensazione di propri debiti verso l’erario, oppure ricedendoli a terzi. Ma concettualmente si tratta di un grande passo. Insieme alla Manovrina, la Camera ha approvato un ordine del giorno che chiede al Governo di ampliare a tutti i beneficiari (non solo agli incapienti) la facoltà di cedere anche alle banche, oltre che la sua estensione al sismabonus. Si agevolerebbe in questo modo la diffusione di contratti di finanziamento al condominio più semplici e meno costosi, contribuendo a facilitare le decisioni assembleari. Il Governo ha espresso parere favorevole, ma c’è il rischio che resti lettera morta. Sul piano delle regole, comprese quelle europee, non si vede alcun ostacolo: le detrazioni restano detrazioni anche se chi le esercita è una banca. Se così non fosse, la cessione alle banche non sarebbe stata consentita nemmeno agli incapienti.
È chiaro che il problema (e la resistenza della Ragioneria generale dello Stato) non riguarda le regole, ma la copertura del (supposto) deficit di bilancio che un incentivo più attraente ed efficace potrebbe generare. E ancor più (si suppone che) lo genererebbe, se si consentisse agli operatori finanziari di trattare le detrazioni acquistate come veri crediti (esigibili alla scadenza) e non solo in compensazione di debiti tributari e contributivi. Questa sarebbe la vera rivoluzione degli incentivi, che schiuderebbe il coinvolgimento della finanza non speculativa nel sostegno all’efficienza energetica e alla trasformazione strutturale di uno dei principali settori del Paese, con conseguenze non solo economiche ma anche sociali, sanitarie e ambientali. Che poi non è niente di diverso da ciò che da tempo si sente auspicare dai più alti esponenti dello stesso Governo.
Ma dove trovare le risorse necessarie a coprire il (supposto) deficit di bilancio aggiuntivo? Alcuni argomenti si pongono oggi alla riflessione delle parti politiche, anche in vista delle prossime elezioni. Un primo argomento è stato oggetto di un altro ordine del giorno approvato dalla Camera, che impegna il Governo “ad utilizzare le risorse derivanti dalla riallocazione dei sussidi dannosi ai fini dell’operatività effettiva dell’accordo di Parigi-Cop 21 e per l’attuazione dell’Agenda 2030 dell’ONU per uno sviluppo sostenibile; a definire, anche con apposito provvedimento normativo, le modalità per la riallocazione sostenibile dei sussidi dannosi all’ambiente, anche ai fini della fase di transizione”. Anche in questo caso il Governo ha espresso parere favorevole. Oggi esiste un catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi, che è qualcosa di molto diverso dai precedenti studi già pubblicati sullo stesso argomento. Non si tratta più “solo” di uno studio commissionato dalla UE e condotto da un autorevole centro di ricerca, ma di un documento redatto dal Ministero dell’ambiente italiano. E non si tratta “solo” di un rapporto conoscitivo redatto da un Ministero nell’ambito delle proprie competenze, ma di uno strumento operativo previsto da una legge dello Stato: “A sostegno degli impegni derivanti da … è istituito il Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi…” (Collegato Ambientale)8. Non si parla di Parigi solo perché quando la legge è stata scritta la COP21 era ancora di là da venire.
C’è da chiedersi se, vigente il Collegato Ambientale e disponibile il Catalogo, sia oggi legittimo il perdurante finanziamento dei sussidi ambientalmente dannosi in esso recensiti. In attesa di conoscere il parere della Corte Costituzionale quando una class action dovesse mettere in dubbio la legittimità di spese fiscali decise anni fa e ora definite dannose dallo stesso Stato, la totale assenza di un percorso pianificato di riduzione e riallocazione dei sussidi dannosi non può evitare, quanto meno, l’attribuzione di una responsabilità politica. Esiste quindi una risposta alla domanda su dove trovare le risorse. Il Catalogo le ha quantificate in non meno di 17 miliardi di euro all’anno.
Un secondo spunto di riflessione è offerto dalla stessa Agenzia delle entrate, che nei giorni scorsi ha pubblicato un aggiornamento del rapporto biennale “Gli immobili in Italia”. In questa edizione del rapporto è stata aggiunta l’analisi, molto interessante, degli effetti micro e macroeconomici delle politiche di incentivazione fiscale, che giunge a conclusioni controverse: negative per il bilancio pubblico, a causa della insufficiente addizionalità economica e fiscale delle policy, ma con notevoli effetti positivi sotto altri profili economici, sociali e ambientali. In altri termini, le attività indotte dall’incentivazione sarebbero solo il 34% di quelle incentivate e genererebbero maggiori imposte in misura inferiore a quelle a cui lo Stato rinuncia concedendo gli incentivi. Bisogna però sottolineare che i dati studiati per giungere a questi risultati riguardano esclusivamente gli interventi di ristrutturazione edilizia e che si può ragionevolmente escludere che le conclusioni siano estendibili a quelli di riqualificazione energetica (soprattutto quella profonda degli edifici condominiali) e di mitigazione del rischio sismico, e in particolare a quelli che sono oggetto degli incentivi introdotti nel 2017.
Se si tiene conto delle peculiarità di queste categorie di interventi, è plausibile che gli effetti di addizionalità economica e fiscale delle misure di incentivazione siano tali da superare di gran lunga la soglia che rende positivo il saldo della policy. Prescindendo da ragionamenti più analitici, che si devono auspicare, la semplice constatazione dell’esigua numerosità degli interventi di questo tipo che oggi si realizzano, pur in presenza di detrazioni particolarmente generose, lascia intendere che aggiustamenti degli incentivi in grado di renderli molto più efficaci (come il loro utilizzo a garanzia dei finanziamenti privati) determinerebbero un’addizionalità prossima al 100%, tale da rendere la policy molto vantaggiosa sotto il profilo dello stimolo di PIL e occupazione, e da annullare la necessità di copertura finanziaria.
Quanto più gli interventi sono complessi e costosi (o lontani dalle pratiche manutentive diffuse) e quanto più gli incentivi contribuiscono a superare le barriere presenti in ambito condominiale, contribuendo a rimuovere il timore della solidarietà per i debiti condominiali e ad agevolare la formazione del consenso nelle decisioni collettive, tanto più l’addizionalità della policy è elevata. Soluzioni come la facoltà di cessione delle detrazioni a terzi capienti, e ancor più la loro trasformazione in strumenti finanziari, dotano gli incentivi di addizionalità elevatissima (ben più dell’incremento della percentuale di detrazione), portando sicuramente il saldo fiscale della policy nel quadrante positivo. La loro applicazione alle sole categorie di interventi più virtuose sotto profili non solo economici, e con finalità non solo di emersione fiscale, contribuisce a orientare le scelte di investimento verso modelli sostenibili. Anche un terzo motivo di riflessione è offerto dallo studio dell’Agenzia delle entrate, che ricorda che l’ampiezza dell’impulso al sistema economico causato dalla policy di incentivazione dipende anche dal moltiplicatore di Leontief, che nel settore dell’edilizia è particolarmente elevato ed è pari a oltre 2,615. “Applicando i moltiplicatori di Leontief allo shock della domanda (dovuto all’incentivazione e misurato dall’addizionalità) si determinano il nuovo livello di produzione dell’intero sistema economico e il conseguente aumento delle entrate tributarie e contributive”. La relazione tecnica delle leggi di bilancio che hanno introdotto le detrazioni fiscali e le varie modifiche intervenute negli anni non tiene conto del moltiplicatore, sovrastimando enormemente il deficit aggiuntivo generato dagli incentivi.
Questi argomenti devono essere valutati attentamente, soprattutto in un momento in cui si comincia a puntare il dito contro il costo eccessivo delle politiche di incentivazione, orientandolo contro l’imputato sbagliato, con il rischio di buttare il bambino (gli incentivi a favore della deep renovation e dei miglioramenti strutturali) insieme all’acqua sporca (gli incentivi a favore di altri interventi che – la bassa addizionalità calcolata dall’Agenzia delle entrate lo dimostra – sarebbero stati realizzati anche in loro assenza). In più punti del documento illustrativo della bozza di nuova Strategia Energetica Nazionale si sottolinea l’esigenza di ridurre il costo della policy di incentivazione dell’incremento dell’efficienza energetica in ambito residenziale. Ma, come sostiene la stessa Agenzia delle entrate, se lo strumento di incentivazione possiede un’addizionalità superiore al 50%, l’elevato costo degli interventi incentivati non costituisce un problema per il bilancio pubblico e, al contrario, la policy si mostra maggiormente espansiva. Si tratta dunque di scegliere con attenzione su quali interventi puntare e applicare ad essi gli accorgimenti in grado di massimizzare l’addizionalità, come quelli che agevolano i finanziamenti. Gli interventi di deep renovation energetica e di miglioramento sismico degli edifici, che oggi si realizzano pochissimo, sono i candidati ideali.