Un focus per analizzare e condividere gli esiti applicativi della Legge 96/2018 e le eventuali prospettive di modifica voluto dall’agenzia per il lavoro MAW Men At Work lo scorso 4 aprile nel Campus scientifico dell’Università Ca’ Foscari di Venzia Mestre.
Francesco Turrini, ad di MAW Men At Work: “Le imprese del nostro paese hanno bisogno di personale le cui competenze non sono disponibili nel mercato del lavoro. Le persone che entrano nel mondo del lavoro o che cercano un nuovo lavoro, infatti, hanno competenze totalmente disallineate alle necessità del mercato. In questi ultimi anni MAW ha sviluppato un percorso per ridurre questa differenza e permettere, da un lato, alle aziende di avere personale necessario all’operatività e, dall’altro, alle persone di entrare nel mondo del lavoro o trovare un nuovo lavoro. La Legge 96/18 ha inserito alcune modifiche alla normativa della Somministrazione Lavoro che riducono notevolmente le possibilità di successo di questo percorso aumentando le difficoltà che le aziende hanno nel costruire i lavoratori del futuro e colpendo i lavoratori più deboli, perché riduce la loro possibilità di entrare gradualmente nel mondo del lavoro. È questo disallineamento molto profondo tra le competenze richieste dalle imprese e quelle disponibili sul mercato il vero grande problema nel mondo del lavoro. Servono strumenti per ridurre questo gap e uno di questi strumenti, molto efficace è la somministrazione lavoro”.
Giampiero Falasca, Studio Legale DLA PIPER: “Secondo i dati Istat sulla rilevazione della forza lavoro, la comparazione tra gennaio e febbraio 2019 evidenzia che diminuiscono gli occupati permanenti di 33 mila unità e anche quelli a termine di 11mila; crescono gli autonomi (+30mila). Importante è anche il dato annuale (+70mila) che vede un ritorno del trend di crescita rallentato negli ultimi anni. Tra febbraio 2018 e febbraio 2019 abbiamo perso 65mila occupati permanenti.
I numeri, quindi, a quasi un anno di distanza dall’avvio della riforma, confermano che è fallito l’obiettivo di incrementare l’occupazione stabile e si nota, anzi, una preoccupante tendenza a rilanciare forme di lavoro irregolare. Il rischio è che nel 2019 la flat tax sulle partite iva incentivi una fuga verso il lavoro autonomo irregolare. Per questo a mio avviso gli interventi di maggiore urgenza da affrontare sono ripensare la causale, eliminandola o affidandola alle parti sociali; rilanciare il contrasto verso il lavoro irregolare (come appalti illeciti, cococo o partite iva che simulano lavoro subordinato); rilanciare la totale equiparazione tra lavoro a termine e somministrazione nel rispetto delle direttive comunitarie.
Claudio Durigon, Sottosegretario al Ministero del Lavoro: “Il Decreto Dignità è nato in opposizione agli effetti del jobs act. Se si registrano troppe rigidità sulla parte delle causali, si può pensare di fare un ragionamento importante creando un tavolo apposito per rendere più veloce questa attività. Si può pensare anche a un decreto ad hoc per migliorare alcuni aspetti. Bisogna capire come trovare soluzioni, rispettando però la finalità originale della 96/2018 che era aumentare il lavoro stabile rispetto a quello a tempo determinato” .
Mattia Pirulli, Segretario nazionale FELSA CISL ha sottolineato lo sforzo che la contrattazione ha messo in campo per risolvere le anomalie create dall’applicazione del Decreto Dignità e Mirco Zin, Group Human Resources Director Savio Macchine Tessili S.p.A ha evidenziato invece come con la somministrazione fosse possbile erogare formazione nel tempo, mentre con la nuova normativa il quadro si sia complicato.
Paolo Zangrillo, Deputato della Repubblica Italiana e Membro della Commissione Lavoro della Camera: “Credo in una visione del lavoro opposta a quella che sottende il Decreto Dignità: il legislatore a mio avviso deve creare i presupposti per coltivare la fiducia delle imprese, creando strumenti utili a fare incontrare offerta e domanda. Ormai il mondo del lavoro si evolve a una velocità tale che oggi non sappiamo nemmeno quali saranno le competenze che ci serviranno tra 3 o 4 anni. Dobbiamo imparare a essere flessibili; i giovani, soprattutto, devono acquisire un set di competenze che consenta loro di stare nel mondo del lavoro attuale e in continuo cambiamento. Oggi, per esempio, a fronte di un tasso di disoccupazione elevato, ci sono ben 700mila posti di lavoro inevasi perché mancano le persone con le competenze necessarie! Il legislatore dovrebbe ripartire da qui, dal rapporto tra scuola e lavoro, ripensando anche i modelli educativi e formativi dei nostri ragazzi”.