Tagli alla spesa pubblica? Stiamo aspettando. Semplificazione e riduzione dei costi della politica? Ancora non si è visto nulla. Abolizione delle Province? Per ora solo in Sicilia. In attesa di tagli, ritagli e frattaglie con un decreto dello scorso 2 aprile, il Governo ha visto bene di non farci mancare l’ennesimo rincaro: l’aumento del 30% delle tariffe Pra. Motivo?Riequilibrare le entrate dell’Aci per la gestione del Pubblico Registro e per la soppressione dei compensi che l’ente percepisce dalle Province per l’incasso dell’IPT (Imposta Provinciale di Trascrizione). Niente male. “Una decisione che, per mantenere in piedi una doppia struttura burocratica che costa nel complesso più di 50 milioni di euro, non fa che aumentare il carico fiscale a danno di cittadini e imprese. In particolare, per le imprese che operano nel trasporto professionale e che effettuano diverse operazioni questo provvedimento comporta un costo di oltre 10 milioni di euro”, ha commentato il vice presidente di Confcommercio, Paolo Uggè. “Nel comparto automobilistico, che vede addirittura due archivi e due strutture pubbliche per la messa in circolazione dei veicoli con l’inevitabile duplicazione di documenti e adempimenti”, prosegue Uggè, “anziché semplificare eliminando inutili costi e tante duplicazioni burocratiche, si è deciso di far pagare agli utenti della strada i disavanzi economico-finanziari dell’Aci. Sarà pur vero che gli enti hanno incassato meno anche per il calo delle immatricolazioni, ma recuperare i mancati introiti pesando su imprese che a fatica restano sul mercato è semplicemente folle e invece di sostenerle le si affossano”. Una scelta che continua nella politica di penalizzazione del commercio e dell’uso dell’auto con crescente danno per l’intera filiera d’imprese che opera nel settore, sempre più in crisi di sopravvivenza come dicono i dati statistici giornalieri.