Impossibile risponde Andrea Medri, founder e ceo di The Rock Trading, il Bitcoin non può essere usato dalla Russia per aggirare le sanzioni.
È vero che i flussi sono aumentati, in media quadruplicati, prosegue Medri. Dal 24 febbraio le compravendite di tether in rublo sono aumentate da 5 milioni di dollari giornalieri dei primi 54 giorni dall’anno, a quasi 20 milioni al giorno. Con picchi oltre 35 milioni.
Per quanto riguarda bitcoin i volumi sono passati da 65 bitcoin al giorno a 255 con picchi di 500 (anche in questo caso quadruplicati). Le autorità di vigilanza di controparte e internazionali sono in agitazione perché temono che questo picco possa essere un sistema per sfuggire dalle sanzioni. E in particolare per contrastare l’estromissione del sistema Swift.
La moneta del popolo?
Questi numeri ci fanno invece escludere categoricamente questa ipotesi. Il volume complessivo aggiuntivo di bitcoin e tether nei giorni dal 24 febbraio al 7 marzo ammonta a 350 milioni di dollari. In totale da inizio anno i due mercati hanno movimentato cumulativamente circa 750 milioni. Si tratta di una dimensione troppo piccola per coprire movimentazioni necessarie a controbilanciare le sanzioni: che riguardano ordini di grandezza di 100 volte superiori.
Le stime più prudenziali sull’andamento del Pil russo a fine 2022 vedono un calo del -7,8% (pari a circa 115 miliardi di dollari). Le riserve in valuta estera del Paese ammontano a 630 miliardi e l’esposizione debitoria verso controparti estere 478 miliardi.
Gli Ide russi sono superiori a 17 miliardi di dollari. Non è pensabile neppure che il governo russo possa rapidamente fare uno switch da una finanza tradizionale a una basata su bitcoin. Questo perché è necessario avere un’infrastruttura tecnologica e una controparte che accetti i pagamenti in cripto. Ovvero processi che richiedono investimenti cospicui e tempo.
E’ un modo per evitare le confische dei beni degli oligarchi?
Possibile, da monitorare, prosegue Medri. Un altro dei timori intorno a bitcoin è che possa essere usato dagli oligarchi russi (o ucraini) per salvare il salvabile ed evitare confische. Non si può escludere che accada che i super-ricchi della regione si servano delle criptovalute per mettere al sicuro i propri averi. E la Svizzera, per esempio, ha messo sotto osservazione i conti di questi individui proprio per monitorare possibili effetti di fuga. Ma al momento non sta succedendo. Ce lo dicono sempre i flussi su bitcoin che per quanto in forte ascesa, sono ancora limitati. Abbiamo visto i dati della Russia, per quanto riguarda l’Ucraina la situazione è simile.
Ovvero, si nota un aumento degli acquisti di bitcoin in grivnia ucraina dopo il 24 febbraio. Se fino a quella data il volume giornaliero medio era pari a 10,5 bitcoin, dall’inizio della guerra è salito a circa 19,17 bitcoin giornalieri toccando picchi pari a 79 bitcoin. Volumi troppo piccoli per poter sostenere eventuali scopi poco leciti degli oligarchi. Se si guarda all’analisi dell’attivazione giornaliera di indirizzi bitcoin e anche al numero di transazioni sulla blockchain, si evince come entrambi i parametri seguano un trend stazionario da inizio 2022. Incompatibile con l’ingresso di capitali freschi in entrata nel sistema. Per ora la situazione è sotto controllo, ma è senza dubbio da tenere d’occhio.
Chi sta comprando e vendendo bitcoin in Russia e Ucraina?
Le persone comuni. Abbiamo detto dell’aumento rilevante delle transazioni dall’inizio delle ostilità. Ma come facciamo a sapere che chi sta comprando sono persone comuni? Ce lo dicono ancora una volta i numeri. Le grandi transazioni (sopra i 100mila dollari) nel periodo tra il 24 febbraio e il 7 marzo sono rimaste in un range tra 15mila e 23mila su un totale che non si discosta per tutto il periodo dalle 300mila transazioni. Non si notano movimenti anomali che possano far pensare a spostamenti di grandi capitali in corrispondenza con l’inizio e l’evoluzione della guerra. È necessario riflettere su questi numeri. Vietare bitcoin in questo momento potrebbe danneggiare ancora una volta la parte debole, senza avere nessun effetto su chi si vorrebbe realmente colpire.