Mar
17
2013
Forse è solo un sogno di un idealista. Forse è un accostamento un po’ troppo azzardato. Ma la nomina del nuovo Papa e la sua scelta di chiamarsi Francesco, l’impostazione che sta dando al suo cammino, i suoi primi gesti quotidiani che diventano pubblici, le sue parole chiare e semplici, hanno uno stretto collegamento con i cambiamenti sociali e le novità che ne derivano, e che stiamo vivendo oggi in Italia. Il Movimento 5Stelle, nato per scelta il giorno di San Francesco il 4 ottobre del 2009, un Santo adatto per un movimento nato senza contributi pubblici, sedi, tesori e dirigenti, crea un link – ma sarebbe più corretto liaison – naturale con l’impostazione che Papa Francesco sta dando al suo apostolato. Ma non solo. Le elezioni politiche e la richiesta crescente che hanno anticipato le stesse, di una società civile che chiede rappresentanti meno legati alle caste e più a contatto con le istanze degli ultimi, hanno ottenuto ieri un primo e dirompente risultato: la nomina di Laura Boldrini a presidente della Camera dei deputati. Un altro incredibile link tra spinte sociali, nuovi rappresentanti, e una persona che da anni si spende a favore degli ultimi della Terra, i rifugiati senza colore politico, senza appartenenze di partito, i senza diritti. Una donna (solo la terza! dopo Iotti e Pivetti dal 1948 a oggi) che nel suo discorso di insediamento tra i numerosi e importanti impegni ha sottolineato la sua battaglia vera contro la povertà (…) e non contro i poveri (…) incassando il plauso caloroso dei rappresentanti del Movimento 5Stelle. Sarà solo un segnale di buon auspicio? Anche se fosse solo questo, godiamocelo, visti gli ultimi vent’anni e più di nulla. Del peggio che si poteva avere. Mi piace pensare a una convergenza di intenti temporali e spirituali basati su San Francesco e al suo sentimento universale.
Gen
02
2013
Questione fiscale, patrimoniale, crescita, sviluppo, lavoro, disoccupazione, sicurezza, scuola, debito pubblico, Europa monetaria saranno certamente tra i principali temi che il prossimo Governo dovrà affrontare fin dai primi giorni di vita. Tematiche essenziali così come alcune questioni eticamente sensibili che così tanto negli ultimi anni sono riuscite a dividere l’opinione pubblica. Due fra tutte: testamento biologico e coppie di fatto (etero e omosessuali) ci spingono a una pacata riflessione. Non siamo qui per dare indicazioni o sostenere principi. Tutt’altro. La cosa che ci preme sottolineare è che queste due tematiche rappresentano una grande opportunità di incontro tra laici e cattolici del nostro Paese. Ci piace immaginare – forse sognare – che il mondo cattolico, che nei giorni di fine anno ha chiaramente espresso il suo apprezzamento per la ‘salita’ in politica di Mario Monti, possa cogliere l’occasione offerta dal momento storico e sociale, che non solo l’Italia sta vivendo, per manifestare la propria disponibilità nell’intraprendere una strada nuova. Una strada che tenga conto dei cambiamenti epocali che tutti stiamo vivendo a livello sociale, economico ma anche umano e strettamente personale. Fare un passo ‘verso’ il nuovo e non arroccarsi su posizioni ‘ non negoziabili’. Nel nostro sogno di inizio 2013 abbiamo visto una Chiesa disponibile, moderna, capace di abbandonare lacci e laccioli filosofici, dogmatici e sacri per la sua stessa sopravvivenza. Una Chiesa che sappia guidare laicamente, che sappia suggerire e indicare una vera nuova strada di convivenza pacifica e rispettosa tra chi professa religioni diverse. La svolta potrebbe chiamarsi Amore. L’Amore che prevale sui generi umani e cementa coppie di uomini e donne ma anche di donne e donne e uomini con uomini. L’Amore incondizionato di un genitore per il proprio figlio o per quello che ha adottato o di cui è affidatario. Che siano due uomini o due donne a disporre di questo Amore rispetto a un uomo o una donna che differenza fa? In quante famiglie ‘normali’ e ufficialmente riconosciute non è mai esistito questo genere di Amore? O si crede – e peggio sarebbe – che l’equilibrio tra un maschile e femminile sia l’unico possibile per garantire figli equilibrati? O che sia a rischio l’Umanità per venire meno dell’atto della procreazione? Con tutti i bambini in cerca di adozione e i metodi scientifici disponibili per procreare? E’ questo il salto che si chiede alla Chiesa. Un salto quantico. Epocale. Accorgersi che le trasformazioni sociali, scientifiche e della coscienza di questa Umanità meritano di essere interpretate e appoggiate superando schemi, barriere e soprattutto paure.
Dic
30
2012
Sulla prima pagina del Corriere della Sera di sabato 29 dicembre il costituzionalista Michele Ainis, professore ordinario di Istituzioni di Diritto Pubblico all’Università degli Studi di Roma III, firma un fondo intitolato le Cinque Democrazie nel quale elenca, abbinandole a cinque diversi protagonisti delle prossime elezioni italiane, altrettanti modelli democratici. Quello di Bersani, scrive Ainis, è un modello di democrazia innervata dai partiti che in qualche modo fa coincidere i partiti con le stesse istituzioni. Quello di Berlusconi, basato sul rapporto diretto tra il leader e i suoi elettori, scavalca il partito e offusca qualunque altro potere dello Stato con una lettura verticistica del principio di sovranità popolare. Quello di Monti cerca legittimazione attraverso le competenze rifiutando la politica come professione e sottintende come ciascun cittadino possa ambire al governo della polis. Quello di Grillo chiamata democrazia digitale si poggia sul web canale privilegiato per mobilitare, comunicare ed elaborare. Quello di Ingroia, e insieme a lui Di Pietro, De Magistris &Co., di ispirazione giudiziaria che Ainis definisce il possibile governo dei custodi. Ci piace pensare che esista anche un sesto modello di democrazia che parta dalle realtà locali, dalle associazioni, dalla gestione quotidiane della cosa pubblica, dai sindaci senza etichette e senza demagogie. Che parta da quelli che operano ogni giorno con impegno, serietà, onestà, indipendenza economica e culturale nella gestione della polis. Che sia vera espressione di partecipazione diretta. Che porti avanti istanze condivise. Che sappia gestire il la cosa pubblica come potrebbe fare un buon padre di famiglia. Una rappresentanza di persone preparate, innovative portatori di una ‘visione’ per il terzo millennio. Una visione ampia meno tattica e più strategica, di lungo periodo. Che sappia ripensare al sistema e lo sviluppo economico sottraendolo al potere della finanza e immaginare una cresciuta globale possibile. Uno sviluppo che tenga conto delle mille trasformazioni in atto e sotto gli occhi di tutti: dai cambiamenti climatici allo sfruttamento delle risorse naturali; dalla produzione alternativa di energia alla gestione delle materie prime; dalla creazione di nuove materie ai nuovi modelli di produzione; dalla programmazione di nuovi modelli di welfare alla ricerca di risorse economiche e maggiore equità fiscale; dalla ricerca scientifica applicata alla gestione e diffusione della conoscenza; dalla sanità possibile alla giustizia giusta; dai nuovi modelli sociali che si stanno delineando in diversi settori (alimentare, abitativo, mobilità, cura delle persona, innalzamento delle aspettative di vita, nuovi consumatori e post-consumatori, etc). Insomma ripensare alla gestione del territorio nel quale viviamo tutti noi dall’impresa all’ultimo degli esclusi. Buon 2013
Tags: 2013, 29 dicembre, abitativo, Berlusconi, Bersani, Che parta da quelli che operano ogni giorno con impegno, Ci piace pensare che esista anche un sesto modello di democrazia che parta dalle realtà locali, Cinque democrazie, Corriere della sera, cura delle persona, dai sindaci senza etichette e senza demagogie., dalla gestione quotidiane della cosa pubblica, dalle associazioni, De Magistris, democrazia possibile, di lungo periodo. Che sappia ripensare al sistema e lo sviluppo economico sottraendolo al potere della finanza e immaginare una cresciuta globale possibile. Uno sviluppo che tenga conto delle mille tr, Di Pietro, Domenico Megali, etc). Insomma ripensare alla gestione del territorio nel quale viviamo tutti noi dall'impresa all'ultimo degli esclusi. Buon 2013, Grillo, indipendenza economica e culturale nella gestione della polis. Che sia vera espressione di partecipazione diretta. Che porti avanti istanze condivise. Che sappia gestire il la cosa pubblica come potre, Ingroia, innalzamento delle aspettative di vita, innovative portatori di una 'visione' per il terzo millennio. Una visione ampia meno tattica e più strategica, Michele Ainis, mobilità, Monti, nuovi consumatori e post-consumatori, onestà, Prima pagina, professore ordinario di Istituzioni di Diritto Pubblico all'Università degli Studi di Roma III, sabato, serietà
Senza categoria | domenico | Comments (0)
Dic
15
2012
Ma perchè dobbiamo essere costretti a scegliere tra il Movimento a Cinque Stelle che tutto sembra tranne che un qualcosa capace di elaborare proposte sensate, e la non politica di Monti che molto ha fatto per rassicurare la finanza internazionale che i guai dell’Italia non avrebbero intralciato il passo a un oliato sistema di sfruttamento di pochi sugli ‘altri’. Non abbiamo bisogno di nuovi Messia ma di una idea capace di organizzare la gestione della cosa pubblica che tenga conto di tutti i cambiamenti, da quelli economici a quelli sociali, da quelli personali e privati a quelli ambientali. Che tenga conto della decrescita ma anche di una produzione di beni etica, giusta e strettamente necessaria. Una finanza che finanzi e non speculi. Una giustizia che giudichi con tempi certi. Un consumo delle risorse che sappia rinnovare le stesse. Una scuola che sappia volare alto dalla prima infanzia elle specializzazioni post laurea.
Abbiamo perso di vista gli ideali perchè ci hanno costretto a concentraci solo sulla lotta per il pane quotidiano. E così ci chiudiamo a riccio, inventandoci nemici inesistenti e sfruttando senza limiti le risorse di tutti. Pronti alla violenza inutile, alla separazione e ai distinguo dal resto del mondo, convinti di appartenere a un clan, una casta, una tribù, un èlite, un board, un team, un club, una congrega, una associazione che a dispetto di tutti si salverà grazie ai soldi, ai privilegi, alle raccomandazioni, alle amicizie o alla fortuna. Senza meriti nè conoscenze, nè progetti, nè tanto meno idee. Senza aver studiato, progettato e faticato stiamo distruggendo giorno dopo giorno ciò che ci hanno lasciato i padri e le generazioni precedenti.
Le ultime grandi invenzioni dell’uomo nel corso degli ultimi cento anni hanno solo migliorato le loro prestazioni. Per il futuro punto sul web e le sue ricadute positive sui sistemi di produzione, sul fare impresa e creare imprenditoria. Una imprenditoria sana che tenga conto dei cambiamenti radicali e cui globalmente siamo sottoposti. Cambiamenti che possiamo timonare verso uno sviluppo più equo.
Nov
04
2012
Al Convegno dell’Aspen Institute che si è svolto a Venezia qualche giorno fa la lettera più citata dagli esperti per esemplificare il probabile percorso dell’economia dei prossimi anni è stata la elle. In stampatello, naturalmente. Dove alla discesa verticale degli ultimi cinque anni, secondo le previsioni di economisti, politici, imprenditori, banchieri e manager presenti, farà seguito una linea orizzontale indice di una assoluta mancanza di ripresa e della totale piattezza di prospettive. In sintesi la ripresa, quando arriverà – qualcuno dice all’inizio del 2014 – la Merkel prevede tempi più lunghi, sarà comunque piatta, con consumi sotto zero e investimenti nulli. Nel corso dell’incontro Gabriele Galateri di Genola, presidente delle Assicurazioni Generali, partendo pretestuosamente dal malfunzionamento del suo iPad ha voluto sottolineare il ritardo tecnologico del nostro Paese. Secondo Galateri di Genola se portassimo il tasso di penetrazione della banda larga al 35% – dieci punti in più di quello attuale del 25% – porteremmo a casa un punto e mezzo in più di Pil, circa 18 miliardi di euro. La via tecnologica sembra davvero essere diventata lo snodo attraverso cui deve transitare la politica economica di questo Paese. Il cambio di passo dell’economia. E quindi del lavoro che non c’è. I settori bloccati di fronte a questo snodo sono diversi: da quello della formazione universitaria – ma si può scendere fino alla scuola primaria – al turismo in grado di produrre un elevato numero di posti di lavoro, soprattutto tra le leve giovanili su cui grava il maggior peso della disoccupazione. Ma chiaramente interessa soprattutto le imprese, micro, piccole e medie – ma ci sono dentro anche molte grandi (un po’ arretrate nella visione) – legate a doppio filo con il livello tecnologico del Paese. Aziende che da una adeguata strategia della diffusione della banda larga ne trarrebbero vantaggi competitivi enormi. A beneficio del (solito) lavoro che non c’è.
Ago
22
2012
Che fine faranno i nostri ragazzi? Quale possibilità avranno peri crearsi un futuro? Una occupazione, una casa, una famiglia, servizi sociali, una pensione. In questa strana estate che per chi scrive ha significato lavoro, lavoro e ancora lavoro (ma anche qualche bagno di mare) ho avuto chiara una visione. Dal dopoguerra a oggi ma soprattutto tra la fine degli anni ’60 e la fine degli anni ’80 in Italia abbiamo perso le migliori eccellenze di cui disponevamo. Eccellenze in molti campi e settori. E non solo economici. Sembra proprio che in questo Paese crocevia di interessi e intrighi internazionali, trincea della sottile guerra politica e sociale che si combatteva tra Est e Ovest, abbia prevalso la guerra tra bande politiche/economiche, invece che la cura e la passione per interessi comuni. Per la nazione. In quegli anni del miracolo economico italiano era anche palpabile uno spirito d’iniziativa, una strategia nazionale e una certa coesione sociale. Anche se gli scontri di classe non sono mancati. Decenni in cui nascevano e si sviluppavano grandi esperienze economiche e sociali. Ma la battaglia politica e sociale che si è sviluppata per il predominio di una parte sull’altra ha lasciato per strada il meglio di quello che in quel periodo era nato e si era sviluppato. Tra queste anche le nostre istituzioni scolastiche. La scuola è stata da sempre una grande cenerentola. Mentre altre nazioni investivano nell’istruzione e nella preparazione universitaria, nella ricerca, ma anche negli istituti tecnici o di avviamento al lavoro, noi siamo stati capaci di abbandonare anche quelle. Abbiamo maltrattato, trascurato e avvilito lo studio. E oggi ne paghiamo pesantemente le conseguenze. Nel nostro Paese è palpabile ogni giorno in mille momenti quotidiani la mancanza (e carenza) di strategia unitaria. Sembra che non ci sia alcun progetto, alcuna strategia, obiettivo. Non c’è programmazione economica così come manca quella universitaria. Non c’è una sintesi, una mente che tenga le fila, che stabilisca un percorso, le tappe e soprattutto l’obiettivo finale. Tutto è lasciato alla buona volontà – e agli interessi – delle singole istituzioni. E non stiamo invocando più statalismo, sarebbe anacronistico. Ma più impegno sì, più strategia comune sì, più progettualità collettiva sì. Ma nella scuola questo tatticismo è deleterio. Recuperare quello che non c’è mai stato, o c’è stato solo a livello sporadico e poco organizzato, è impossibile, ormai. Un cosa si può fare: mettere intorno allo stesso tavolo imprese e Università e Istituzioni con un po’ di soldi da spendere. Obiettivo: programmare, stabilire e scegliere investimenti possibili nelle scienze e nella ricerca, in modo che gli stessi si possano tradurre in nuove imprese e in nuove eccellenze nell’arco di pochi anni. Facilitare, promuovere e ottenere che imprese e scuola collaborino, creino insieme. Aiutare e sostenere economicamente le imprese nel fare formazione ( i modi non mancano). Sarebbe un bel segnale per le nuove generazioni. Sarebbe un modo per evitare che gli errori dei padri oltre a ricadere sui figli, ricadano anche sui nipoti.
Lug
23
2012
Abbiamo tergiversato per qualche mese e alla fine abbiamo deciso di iniziare la pubblicazione di questo sito anche se non siamo proprio pronti. Certo la burocrazia ha fatto la sua parte per dilatare i tempi della messa on line. Se fosse stata più rapida saremmo riusciti a rispettare i tempi che ci eravamo imposti. Inoltre quando si parte per una nuova avventura editoriale, qualunque essa sia, si mettono in moto professionalità diverse, meccanismi, strategie e umanità varia, cercando di sbagliare il meno possibile, controllare tutto, non fare errori. Ma in oltre trent’anni di esperienza in campo editoriale abbiamo capito che non fare errori è impossibile. Mettercela tutta, invece sì, è possibile. Ed è quello che vogliamo fare ogni giorno. Il nostro quotidiano on line, libero e indipendente si impegna a diventare un punto di riferimento per le piccole e medie imprese. Per loro, e a loro, è dedicato questo nuovo sito. Ci piacerebbe che al di là della pura e semplice informazione, che magari non appare facilmente nei quotidiani nazionali e locali, leggendo tra queste pagine, alcuni imprenditori riuscissero a ricavare quella notizia utile per ampliare il loro business. Come? Anticipando le mosse della concorrenza, cambiando i canali di distribuzione, modificando la logistica, aumentando le conoscenze e curando la formazione dei propri collaboratori, cambiando fornitori e perché no anche mettendo in discussione il proprio modello di business. Insomma ci piacerebbe che migliaia di piccoli imprenditori, quelli che ogni giorno si battono (oggi) per sopravvivere e (domani) per crescere, da questo sito ne ricavassero qualcosa di buono per il loro business. Sarà un sito per tutti che nel giro dei prossimi mesi metteremo ulteriormente a fuoco e cucineremo meglio. Ma ora si parte. Dimenticavo: magari non ci vedremo qui ogni giorno, ma certamente quello che non mancherà mai sarà la voglia di fare il punto sulle questioni che contano. Buon lavoro a tutti