Costruzioni allo stremo si affida al decreto legge Semplificazioni “per il Paese, che è in perenne ‘codice rosso’, e per un settore che ha già perso 600.000 posti di lavoro e 120.000 imprese. E quanto ha ardentemente sostenuto il presidente dell’Ance, Gabriele Buia, in audizione davanti alle commissioni Affari Costituzionali e Lavori Pubblici del Senato proprio sul dl Semplificazioni.
Questa norma “è l’ultima occasione per gettare le basi di ripresa delle costruzioni, dopo una legge di bilancio fortemente deludente, che ha visto gli investimenti pubblici e il settore vittime sacrificali dell’accordo con Bruxelles”, ha continuato Buia aggiungendo che nel dl Semplificazioni “avevamo posto molte speranze, ma abbiamo dovuto prendere atto di un decreto dai contenuti molto limitati, rispetto alle prime bozze circolate, e insufficiente rispetto a necessità e nostre aspettative. Auspichiamo un intervento deciso del Parlamento per migliorarne significativamente i contenuti”.
“Siamo fortemente delusi dalla legge di Bilancio, dobbiamo dirlo: pensavamo che fosse una manovra keynesiana fondata sugli investimenti pubblici, così era stato annunciato, ma alla fine nell’accordo con Bruxelles sono stati sacrificati gli investimenti. Gli effetti della legge di Bilancio sul rilancio delle opere pubbliche – ha aggiunto Buia – sono state ridotte, per il 2019, da 2,5 miliardi a 550 milioni di euro”. Nel Ddl presentato dal governo a ottobre si prevedeva un aumento di 3,5 miliardi di euro nella spesa effettiva di cassa statale 2019 per gli investimenti pubblici, rispetto alla legislazione pre-vigente, e in tutto di 15,5 miliardi nel triennio 2019-2020. Il testo finale approvato, invece, riduce questo aumento a 550 milioni nel 2019, rinviando gran parte della spinta (10,5 miliardi) al biennio successivo, e comunque riducendola da 15,5 a 11 miliardi nel triennio.
Dopo dieci anni di crisi “non abbiamo più tempo. Ecco sei proposte da inserire subito nel decreto Semplificazioni per rilanciare il settore delle costruzioni”, così il presidente dell’Ance che ha suggerito al Senato:
1) nel sotto soglia Ue, ridurre l’applicazione dell’offerta più vantaggiosa (prevista oggi da 2 milioni di euro in sù), rivelatasi troppo complicata e discrezionale per la Pa, tornando a un’aggiudicazione basata sul solo prezzo ma con ‘metodo anti turbativa’ ed esclusione automatica delle offerte anomale;
2) sempre nel sotto soglia, eliminare la possibilità del sorteggio per scegliere le imprese da invitare;
3) garantire trasparenza e rotazione inviti, con possibilità di riservare il 50% degli inviti alle imprese locali;
4) congelare le attuali attestazioni Soa in attesa della riforma della qualificazione;
5) ripristinare la possibilità dell’appalto integrato (progettazione esecutiva e lavori); 6) nelle crisi di impresa, limitare la responsabilità solidale delle imprese nelle Ati. Tutte misure che l’Ance suggerisce solo fino al 31 dicembre 2019, in attesa della revisione complessiva del Codice appalti prevista dal governo.
L’Ance suggerisce invece, a regime, procedure di semplificazione delle procedure approvative delle opere pubbliche, coma la riduzione del ruolo del Cipe alla sola programmazione, la riduzione del parere obbligatorio del Consiglio superiore dei Lavori pubblici da ‘sopra i 100 milioni’ di euro di valore dell’opera a ‘sopra 200 milioni’, la semplificazione delle procedure approvative in conferenza di servizi.
Sulle misure, “l’abolizione del Sistri rappresenta, ad oggi, l’unica nota positiva, a beneficio di tutti i settori produttivi”, ha aggiunto Buia che si è soffermato anche sulla gara del Comune di Roma per la manutenzione straordinaria pluriennale delle strade, 12 lotti per 78 milioni di euro, pubblicata nell’aprile 2017 e mai aggiudicata per mancanza delle commissioni di gara.
“La norma nella Legge di Bilancio 2019 che consente di affidare la manutenzione delle strade di Roma al Ministero della Difesa (60 milioni di euro per la manutenzione e 15 per i mezzi) è una scelta figlia dell’incapacità di utilizzare le risorse e delle mancate semplificazioni – ha detto il presidente dei costruttori – Una scelta alla quale ci opporremo con forza in tutte le sedi perché contraria ai principi di base del libero mercato, perché va in direzione opposta rispetto alle dichiarazioni di rilancio del comparto delle costruzioni e fa pagare ancora una volta alle imprese il prezzo dell’inefficienza legislativa e dell’incapacità amministrativa”.