Ieri pomeriggio 3 dicembre, presso il Centro Congressi Ville Ponti a Varese, nella Sala Napoleonica ho partecipato al convegno organizzato da KIWANIS Varese, Università dell’Insubria, ordine dei Consulenti del Lavoro di Varese e A.N.C.L. U.P. di Varese tema : la Decrescita.
Dopo il saluto di apertura del presidente Kiwanis Varese Alfonso Carollo, si è entrati subito nel vivo del dibattito caratterizzato da un altissimo livello culturale, con un ospite molto particolare, Serge Latouche, (nella foto) economista , filosofo e scrittore, Professore emerito presso la facoltà di Giurisprudenza, Economia e Management dell‘Università di Jean Monnet di Parigi. Sono rarissime in Italia le occasioni dove poter ascoltare Latouche. Come moderatore il professore Armocida dell’Università dell’Insubria, ha presentato il direttore dipartimento di Economia Università dell’Insubria M. Rocca che ha introdotto le relazioni degli altri ospiti, i docenti L. Carbone, Unisalento Lecce, con moltissime citazioni letterarie, il sintetico ma efficacissimo profilo giuridico di L.R. Perfetti dell’Università degli studi di Bari e M. Spanò, del dipartimento di economia dell’Università dell’Insubria. Pregevole e coinvolgente, oltremodo pragmatico, l’intervento del professor C. Bonvecchio che ci consiglia “(…) o decresciamo, o finiremo col fare la guerra!”.
Serge Latouche, nella sua lectio magistralis presenta in modo chiaro lo “slogan” della decrescita, l’unica alternativa al paradigma culturale che ci pervade ormai da troppi anni, l’ossimoro della crescita, che ci sta letteralmente rovinando. Sono 8 le “R” che le politiche degli stati democratici dovrebbero avere come riferimento: Rivalutare, sopratutto i rapporti con la natura e non predarla come stiamo depredando; Riconcettualizzare; Ristrutturare; Ridistribuire, sopratutto i redditi; Rilocalizzare, ritrovare cioè il senso di vivere localmente e non globalmente; Ridurre; Riutilizzare, uscire dalla mentalità dell’usa e getta; Riciclare.
Oltre il dibattito, nutrito di elementi importanti, sono emerse alcune considerazioni tra i relatori che mi hanno più colpito. “Purtroppo”, dice Amorcida, “la mia generazione, nata prima della metà del secolo scorso come quella del professore Latouche, è stata si ricca e fortunata, piena di sogni e traguardi, ma oggi ci lascia delusi…”, gli adulti di oggi sono assenti e le nuove generazioni, che dovrebbero imporre il loro paradigma culturale, imporsi generazionalmente sui padri, sono per lo più molli e assenti.
Una rivoluzione culturale ci vorrebbe ma con quali ambizioni? mi domando io, semplice metalmeccanico; in risposta alla mail che ho inviato per partecipare al convegno e durante la registrazione dell’evento, mi domandavano le gentilissime signore organizzatrici: “lei è dottore o avvocato?”, come se la decrescita possa solo interessare e abbracciare un ambito culturale medio alto. Quali ambizioni possono avere i giovani, me compreso, se il futuro si prospetta sempre più nero?, più che un travaso di bile e tirare fuori la grinta, come chiedeva il professor Bonvecchio, mi si stringe lo stomaco, sono preoccupato nello scoprire che negli ultimi cinquant’anni si sono combinati i disastri più devastanti che il genere umano possa aver mai commesso, compromettendo quasi irrimediabilmente il futuro di tutti, secondo le previsioni. Cosa dico ai miei figli di dieci e quattro anni: “dobbiamo decrescere, cari bimbi, il genere umano è andato fuori fuori giri!” va bene! sintetizzando: mi sono costruisco la casa da solo, coibentandola al massimo, mi riscaldo con una efficiente stufa ad accumulo termico a legna, ho installato il fotovoltaico, faccio acquisti equo e solidali e la raccolta differenziata spinta, coltivo l’orto e non guardo la Tv ma questo non contrasta il “potere invisibile” dei banchieri senza scrupoli perchè ancora troppo poche le persone che sono diventate resilienti come me.
I pensionati sono abbronzati, e i giovani senza lavoro sono incazzati e frustrati: se devono fare una nuova rivoluzione culturale devono chiedere gli spiccioli ai propri genitori, oltre la ricarica del videofonino che li sta rincitrullendo come la televisione ha rincitrullito negli anni ottanta i genitori. La storia che si ripete. Non si va lontano così, anche perchè è la decrescita che dice di mettere l’intelletto davanti allo stomaco, e allora propongo ” non armiamoci e partiamo” ma, acculturiamoci e accontentiamoci che la vita è una sola! Indipendentemente dalla funzione sociale che ognuno di noi svolge nella società in cui vive. Purtroppo il modello imposto della crescita illimitata piace alla massa, e differenzia le persone; tra metalmeccanici e avvocati non vi è alcuna differenza? o si?
L’Uomo non possiede gli anticorpi per le stronzate pubblicitarie, solo attraverso la cultura si potrebbe cambiare strada, o attraverso una rivoluzione ma quale?, se alla massa comunque piace il bunga bunga? Piace solo ai metalmeccanici o anche ai dottori?
Nulla è impermanente dice il Dalai Lama, dove c’è un inizio c’è anche una fine, anche il genere umano cesserà di esistere un giorno. Un giorno, anche io sarò lungo e disteso e secco, come le mummie egizie che ho visto la scorsa estate al Museo Egizio di Torino. La morte crea differenza tra metalmeccanici e laureati?
Cerchiamo di vivere intensamente la vita in modo sobrio, quindi in modo intelligente, imparando dagli errori di tutti, cercando di essere il cambiamento che vorremmo, incoraggiando la regola d’oro del Kiwanis : ” fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te!” , ricordando le 8 “R” della decrescita di Serge Latouche.
Siamo tutti essere umani che ambiscono alla felicità, ma questa felicità, non è in relazione alla funzione sociale. Metalmeccanici e avvocati decresciamo tutti, saremo sicuramente più felici!