I diritti dei cittadini sul web e delle Pmi italiane vengono calpestati per favorire le grandi multinazionali dei contenuti. È questo ad avviso di Assoprovider il senso dell’emendamento alla legge europea del 2017 a prima firma Baruffi, approvato dalla Camera dei Deputati e che ora verrà discusso al Senato.
La norma conferisce all’Autorità di Garanzia per le Comunicazioni il potere di cancellare siti web, contenuti, blog e forum, ordinando alle piccole imprese italiane di impedire l’accesso ad internet ai cittadini italiani, su semplice richiesta delle grandi multinazionali dei contenuti. Assoprovider come associazione di tutela delle Pmi italiane che operano nel settore del Ict, senza entrare nel merito delle gravi violazioni dei diritti costituzionali determinati dall’emendamento Baruffi alla cosiddetta legge Europea 2017, annota come il legislatore italiano abbia la massima sensibilità solo per i diritti economici delle multinazionali e trascuri totalmente i diritti economici delle piccole aziende Italiane, che vengono chiamate ad operare Gratuitamente e quindi con i propri mezzi economici senza alcuna previsione di ristoro, al solo fine di tutelare i diritti economici altrui.
Questo con grave danno della libertà di espressione e di iniziativa economica previste dalla nostra Costituzione.
È infatti veramente sorprendente constatare come il legislatore ignori che imporre vincoli operativi (che in qualsiasi azienda normale si traducono in costi di produzione) possa essere gravemente distorsivo della concorrenza.
In pratica questo lungimirante legislatore, in un periodo che vede la costante decrescita del personale di tutte le grandi aziende, non trova nulla di meglio da fare che regalare al sistema industriale italiano l’ennesima barriera di ingresso che impedisca ai giovani di trovare uno sbocco occupazionale in una piccola azienda tecnologica.
La funzione censoria attribuita ai provider dall’emendamento Baruffi priva peraltro i giovani dell’accesso ad internet, deprimendo ancora di più il mercato delle libere fonti informative sulla rete e la scelta nella selezione dei contenuti informativi presenti sul web. Con questa misura il legislatore inoltre dimostra di non aver in alcuna considerazione i piccoli provider che senza alcun contributo pubblico da anni stanno rendendo meno pesante il digital divide in molte parti d’Italia e che tutto questo possa essere distrutto in nome della tutela dei diritti economici delle multinazionali dei contenuti.