Nel corso dell’iniziativa “Credito al credito” di Abi a Roma si è parlato di prestiti, famiglie, imprese e del Fondo europeo per gli investimenti strategici (Efsi), iniziativa messa in campo dalla Commissione europea negli ultimi anni sul fronte della crescita.
Un piano che ha utilizzato già il 50% della sua capienza. Tanto che si sta pensando come migliorare il progetto per i prossimi anni avendo ben presenti due priorità: dare più spazio alle piccole e medie imprese aggregate e aumentare la presenza di progetti innovativi. Il Piano Juncker è in anticipo rispetto alla tabella di marcia che la Commissione aveva stabilito. “Questo ha indotto a passare a Efsi 2”, la versione potenziata che porta le risorse totali da mobilitare da 315 a 500 miliardi di euro. “L’intenzione, nel quadro di questi numeri, è aumentare in maniera più che proporzionale le risorse a disposizione delle piccole e medie imprese”, ha detto in un’intervista Giorgio Chiarion Casoni, capo dell’Unità finanziamento cambiamento climatico e politiche infrastrutturali della Dg Affari economici e finanziari della Commissione europea. Dalla Commissione arriva un chiarimento importante sul potenziamento delle reali risorse messe sul piatto. “Certamente nei progetti finanziati finora sono stati accorciati i tempi di finanziamento e sono state assicurate condizioni migliori in termini di tassi di interesse”. Al di là dell’impatto positivo che ha avuto finora il Piano Juncker, per il futuro bisogna aggiustare il tiro, pensando soprattutto a una politica che incentivi alcuni settori. In particolare si legge in una nota, “bisogna insistere su tutto ciò che è legato all’innovazione, perché da questi settori dipende una crescita più sostenibile”. E visto che storicamente i finanziamenti per la ricerca sono a fondo perduto, mentre nel caso del Piano Juncker si parla di un effetto leva basato su prestiti e garanzie, “il piano può essere un’occasione per rivedere queste logiche”. Si ounta anche a “creare più integrazione”. Il nuovo piano dovrebbe incentivare l’aggregazione tra piccole e medie imprese. “Sarebbe importante non finanziare la singola impresa ma gruppi di imprese o cluster, in maniera da superare il problema delle dimensioni, come accade in molti Paesi europei”.