Martedì scorso ha registrato un rialzo del 46%. Il maggiore guadagna dalla sua quotazione nel novembre del 2006. Ad accendere l’interesse degli investitori di Wall Street per First Solar, è stato l’annuncio, a sorpresa, delle revisione al rialzo delle stime di fatturato 2013 passate da 3.8 a oltre 4 miliardi di dollari. Firt Solar ha comunicato anche che le consegne di moduli saranno di una potenza compresa tra 1.6 e 1.8 gigawatt e l’utile per azione tra 4 e 4.5 dollari. La media delle stime degli analisti calcolata da Bloomberg era invece di 3.57 dollari per azione. Sembra quindi che Firt Solar stia consolidando il modello di business che affianca a quello tradizionale della produzione di moduli fotovoltaici con la realizzazione di impianti utility scale con il meccanismo del BOT ovvero Build Operate Transfert. Un esempio: il progetto Desert Sunligth nel sud della California che prevede la realizzazione di impianti per un totale di 550 Megawatt. In base alla pipeline di progetti già autorizzati la società si aspetta di generare 12 miliardi di dollari di fatturato nei prossimi 3 anni.
Naturalmente l’annuncio di First Solar ha galvanizzato l’industria fotovoltaica che ritrova un po’ di fiducia dopo una lunga serie di cattive notizie culminate con la situazione di pre fallimento del principale produttore di moduli al mondo la cinese Suntech. Quest’ultima sempre martedì a Wall Strett è rimbalzata insieme a LDK, SunPower, Trina e Memc (che controlla SunEdison). In Europa a guidare i rialzi è SolarWorld +15%, seguita dalla norvegese REC +13%, Waker Chemie +8%, e dal produttore tedesco di inverter SMA Solar che sale del 7%.
In Italia timida reazione di EEMS +1,19% mentre TerniEnergia lascia sul terreno poco più dell’1%. Ma se si estende lo sguardo oltre l’anno, la strada di un recupero per le società dell’industria fotovoltaica è ancora molto in salita. A 5 anni data i ribassi sono in media superiori al 90%. E’ abbastanza normale quindi che un newslfow leggermente positivo possa generare rimbalzi che tuttavia non sembrano destinati a durare considerato che i problemi strutturali dell’industria sono tutt’altro che vicini a una soluzione.