Per i Fondi UE e le politiche di coesione, dopo l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea sono previste novità poco edificanti. Il bilancio dell’Unione Europea, infatti, avrà quasi 5 miliardi di euro in meno, a tanto ammontava il saldo passivo della Gran Bretagna verso l’Europa nel 2014, cioè la differenza tra le risorse che versa e quelle che riceve.
Dopo Germania e Francia, il Regno Unito è il terzo contributore netto dell’Unione. L’Italia è al quinto posto con 4,4 miliardi. In termini quantitativi l’importo non sembra particolarmente rilevante, visto che i fondi SIE valgono 325 miliardi di euro nel periodo 2014-2020. Il bilancio della UE non è composto solo da fondi SIE. Dopo la Brexit il problema riguarderà il futuro dell’Unione in termini di politiche di sviluppo e di fondi che saranno destinati alla prossima programmazione. La nuova politica di coesione si avvia ai primi confronti per capire come dovrà essere realizzata. La Brexit è sicuramente un’occasione per riflettere sui veri risultati di queste politiche. Alcuni programmi, come Erasmus, ci fanno sentire cittadini europei, ma come andrà a finire con gli altri?
E’ sufficiente avere una moneta unica (il Regno Unito ha la sterlina) e passare alle frontiere senza passaporto? I programmi europei devono indirizzare i loro sforzi a cambiare la cultura e la mentalità dei cittadini.L’uscita dei britannici dall’Unione è il sintomo di insofferenza che ormai attraversa i cittadini, insofferenza verso un eccesso di regole, spesso poco semplici e chiare da applicare, che devono essere implementate da ulteriori leggi e regolamenti nazionali, che certamente non contribuiscono a semplificare la vita di lavoratori e imprese. La principale ragione di una crescita economica asfittica, che impatta sui ceti medi e bassi.