La crisi economica e finanziaria mondiale scoppiata nel 2008 si è ripercossa violentemente anche nel nostro Paese. Le imprese italiane sono state quelle che più hanno risentito del fenomeno globale creando un aumento della disoccupazione.I consumi hanno risentito di questa situazione mettendo ulteriormente in difficoltà non solo l’apparato industriale italiano, ma anche la distribuzione commerciale. Il settore che sembra non risentire di questa crisi, è il franchising che coinvolge soprattutto piccole e medie imprese in ogni città, in ogni quartiere, sia al nord che al centro sud della Penisola. I franchisee svolgono un ruolo importante sia in termini di punti di vendita – che devono essere aperti con le insegne riconosciute e affermate del franchisor – che di personale da assumere, tanto che il franchising in tutto il mondo è considerato un creatore di posti di lavoro. Il Governo Monti sta portando aventi una politica di sviluppo, ma l’attuazione di decisioni che portino allo sviluppo delle Pmi è appena iniziato.
I giovani e le persone sui 40/50 anni espulse dalle imprese hanno difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro. Una prima riflessione sul settore e le sue potenzialità di sviluppo viene dalla lettura dei risultati di un sondaggio realizzato da Confimprese, BeTheBoss e QUiCKFairs che verrà presentata domani (lunedì 10 settembre) alle ore 11 presso la sede Confimprese – Piazza Sant’Ambrogio a Milano. Dai risultati del sondaggio effettuato nel luglio scorso su un campione di circa 15 mila nominativi tra franchisor, franchisee e potenziali franchisee emerge lo stato dell’arte del settore. Dai dati emergono sia la difficoltà a operare senza un appoggio concreto e un riconoscimento ufficiale da parte del Governo sia le proposte degli operatori del settore per sostenere lo sviluppo. Questo lavoro di ricerca nasce dall’esigenza di verificare – partendo dall’esperienza concreta degli operatori – se e come il franchising sta reagendo in questo periodo di grande criticità per l’economia italiana. In Italia la formula del franchising ha ancora molto spazio di crescita, basti pensare che negli Stati Uniti c’è un negozio in franchising ogni 389 abitanti, contro uno ogni 1.125 abitanti del territorio nazionale. E specialmente in tempi di crisi, gli imprenditori hanno bisogno di sviluppare un business la cui formula sia consolidata.
Il Franchising in Italia è un canale di vendita con numeri molto significativi, sebbene ancora poco conosciuti anche a molti addetti ai lavori. Rappresenta circa 22 miliardi di euro di fatturato, 186 mila addetti e 54 mila punti vendita (Rapporto Assofranchising 2011) e continua a generare risultati positivi. Un dato confortante se si considera che nel solo primo trimestre 2012 il saldo tra iscrizioni e cessazioni di nuove imprese nel commercio è pari a -8.671 (Rapporto Infocamere 1° trimestre 2012). Il franchising non solo genera nuova occupazione tra i giovani, ma offre anche l’opportunità di ricollocamento alle risorse fuoriuscite volontariamente o meno dal mercato del lavoro, il tutto in condizioni di maggiore sicurezza rispetto all’avvio di un’attività imprenditoriale in autonomia. Sono numerosi anche i casi di imprenditori che, nell’attuale contesto di crisi dei consumi, riconvertono in franchising le proprie attività commerciali per poter beneficiare della forza e del know-how di un gruppo consolidato.
Dal sondaggio emergono diverse affinità tra la visione dei franchisor e quella dei franchisee nell’individuazione dei macro problemi che affliggono il comparto. In prima battuta va segnalato che il problema principale per lo sviluppo del comparto è la difficoltà di accesso al credito: lo è sia per il 70% dei franchisor sia per quasi il 70% dei franchisee. La loro proposta è che il legislatore sensibilizzi gli istituti di credito a sostenere finanziariamente una formula commerciale che, trasversalmente rispetto ai settori merceologici, ha già dato prova di sapere crescere nonostante le difficoltà del mercato.
Altro fattore critico segnalato da entrambe le categorie è la mancanza di informazioni chiare e la conseguente richiesta di consulenza: franchisor e franchisee chiedono consigli, suggerimenti e supporto per orientarsi nei meandri della burocrazia legata allo start up e alla gestione dell’impresa e per l’accesso agli strumenti di finanza agevolata. I franchisor premono per l’apertura di sportelli dedicati nelle Ccia che aiutino a muoversi nel labirinto delle burocrazie. Dal canto loro i franchisee confidano nella Ccia e chiedono allo stesso tempo consulenze gratuite delle camere di commercio a imprenditori per individuare fondi pubblici a cui accedere. A ciò si collega anche una scarsa informazione da parte dei franchisee su iniziative che facilitano l’avvio di una nuova attività: quasi la metà dei rispondenti non conosce cosa sia la Scia né la clausola contenuta nell’art.3 DL 1/2012 che consente ai giovani fino ai 35 anni di aprire una srl con un capitale di 1€. Si parla di giovani e delle loro difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro, ma poi non si adottano misure efficaci e veloci per veicolare le informazioni agli stessi: basterebbe avviare una campagna di comunicazione, anche attraverso l’online e i social network, per diffondere le novità introdotte dal Governo.