Franchising: è stata depositata dalla Senatrice Fissore un progetto di legge concernente “Norme per la disciplina delle reti commerciali indipendenti”, proposta di riforma dell’intero settore promossa dal 2013, in prima istanza, da IREF Italia con Associazione Nazionale Commercialisti e AZ Franchising, e successivamente sostenuta dalla Delegazione Italiana della Corte Arbitrale Europea con sede a Strasburgo.
E’ iniziato il percorso parlamentare della proposta di riforma promossa con per un miglioramento dell’intero settore. Si tratta di una proposta originariamente indicata come “seconda fase”, cioè, una regolamentazione da attuare dopo aver adeguato (o contestualmente adeguato) la normativa specifica sul franchising ritenuta, da IREF Italia, prioritaria (criterio originariamente condiviso dalla stessa Senatrice, come dalla stessa dichiarato agli organi di stampa). Dopo una prima elaborazione, la proposta di riforma del franchising è ancora sottoposta a specifiche analisi e valutazioni, pur fermo l’unico obiettivo del complesso delle proposte formulate che era ed è quello di avere regole uniche, salvo specifiche peculiarità, per tutte le forme di “reti commerciali”. Lo stand by di oltre un anno subito dalla proposta di riforma del franchising ha portato la Senatrice ad effettuare questa scelta anticipando la riforma delle reti commerciali.
Il primo elemento che caratterizza la proposta, nel suo complesso, è il rispetto di una reale concorrenza equa e paritaria per tutte le forme di commercio a rete.
Il secondo elemento è dato dal confronto con legislazioni più “mature”. In materia di trasparenza e flusso delle informazioni, le normative statunitense e australiana (pur considerando la loro applicazione al franchising) sono molto complete e utili, ma un importantissimo riferimento, nel panorama europeo, rimane la normativa francese (la Francia è la nazione europea con il più alto numero di reti commerciali), la prima nel continente europeo ad avere avuto una specifica regolamentazione applicata a tutte le forme di reti commerciali, incluso il franchising.
FAVORIRE MAGGIORE TRASPARENZA A TUTTO IL MERCATO
Il terzo elemento, per rendere più completa la regolamentazione di tutte le reti commerciali, incluso il franchising, è giunto dall’analisi di Sentenze di Tribunali e, soprattutto, di Provvedimenti dell’AGCM, strumenti importantissimi per comprendere specifiche e, soprattutto, ricorrenti lacune normative. L’obiettivo finale, che costituisce l’unica esigenza individuata in collaborazione con gli organismi che hanno accettato di partecipare a questo processo, è quello di fornire una maggiore trasparenza e un maggiore e dettagliato flusso di informazioni a favore di e per tutti gli attori di tale mercato. Una tutela al settore, quindi, a favore di tutti. E’ proprio il confronto con le citate normative e la presa d’atto dei concetti espressi dalla autorevole AGCM, che esprimono questa esigenza e il mercato italiano, che sta maturando molto velocemente, ha, appunto, necessità di aggiornarsi e anche tutelarsi.
Il franchising ha la necessità di passare da una riforma di ammodernamento in perfetta linea con questo progetto di legge e ciò proprio per omogeneità di regole. E’ con questa logica che IREF Italia vede l’iniziativa: regole uguali per tutti significa che tutti possono partecipare equamente sul mercato facendo leva solo sulla vera concorrenza. A ciò si aggiunga che nel settore anche la figura dell’imprenditore che aderisce ad una rete commerciale (di qualsiasi natura) necessita di protezione in quanto equiparato dall’AGCM proprio al consumatore degno di tutela al fine di prevenire comportamenti ingannevoli o carenti di importantissime informazioni proprio nella fase precontrattuale, ove tale proposta si posiziona alla stessa stregua della normativa sul franchising.
Non è più conciliabile quindi la presenza di lacune che emergono quando si confrontano le normative di altri paesi già citate (alle quali si ritiene doveroso ispirarsi per la grande esperienza che tali mercati hanno) con la regolamentazione italiana. Un confronto dal quale l’Italia ne esce assolutamente perdente in termini di trasparenza, qualità e quantità delle informazioni che fanno anche emergere delle perplessità quando ci autodefiniamo non correttamente “paese burocratico”. Sicuramente l’Italia lo è, ma in molti altri settori, ma non certamente in quello oggetto di proposta. Le imprese nazionali hanno la necessità di “snellire” la loro burocrazia in altri settori, ma hanno il dovere di posizionarsi al massimo livello di trasparenza e di trasferimento di informazioni verso i loro clienti e anche i potenziali affiliati o aderenti (anche se imprenditori) sono clienti. In altri paesi accade e non è dato sapere per quale motivo l’Italia non dovrebbe andare in tale direzione.