Iccrea non risponde alla proposta di Cassa Centrale Banca (Ccb) per la cessione del pacchetto di azioni della banca romana (oltre il 20% del capitale) detenute dalla concorrente trentina che da una settimana e’ diventata la prima capogruppo di un gruppo bancario cooperativo italiano.
Giovedì prossimo in assemblea, come scrive Radiocor, Ccb e le bcc affiliate ancora azioniste Iccrea voteranno contro la proposta di modifiche statutarie dalla banca presieduta da Giulio Magagni. Un voto contrario necessario per la tutela del diritto di recesso che Ccb e le altre bcc del gruppo chiedono ad un prezzo di 52,8 euro per azione, prezzo pagato da Iccrea a Chianti Banca in occasione della fusione inversa di Iccrea Holding in Iccrea Banca. Le modifiche statutarie proposte sono in gran parte dovute per adeguarsi alla legge di riforma delle banche di credito cooperativo e funzionali quindi e alla prossima trasformazione di Iccrea da banca di secondo livello a capogruppo di un gruppo bancario cooperativo. Trasformazione che si perfezionerà entro fine gennaio.
Tra le proposte di modifiche statutarie pero’, contesta Ccb, ce ne sono alcune che “non risultano propedeutiche o necessarie” ad assumere il ruolo di capogruppo secondo quanto scritto dal presidente Ccb Giorgio Fracalossi in una missiva inviata a Iccrea e alla Banca d’Italia lo scorso 31 dicembre. Tra queste proposte definite non necessarie c’e’ quella della sterilizzazione del diritto di voto sopra il 10% del capitale che danneggia un unico socio: proprio Ccb. Il valore del pacchetto Iccrea in mano a Ccb e alle sue affiliate, al prezzo richiesto di 52,8 euro, è di circa 240 milioni, non lontano dall’importo della ricapitalizzazione (250 milioni) che Iccrea proporrà giovedì ai soci in un altro punto all’odg dell’assemblea. Ricapitalizzazione che non è certamente finalizzata a pagare il recesso ma ad alzare i ratio patrimoniali di Iccrea ai livelli dei concorrenti di pari taglia per quello che si appresta a diventare il quarto gruppo bancario italiano.