Irap abolita, una inutile mancetta. Meglio un taglio a Ires

No allo sconto Irap che impatta sulle aziende italiane per circa il 4% e si traduce in una inutile mancetta.
Molto meglio un taglio netto all’Ires che erode i ricavi delle imprese con un’aliquota del 24%.
Secondo Unimpresa lo “sconto” inerente l’imposta regionale sulle attività produttive, sia per il saldo sia per l’acconto di giugno, non è giustificato.

IRES TROPPO GRAVOSA

Secondo Unimpresa, l’Ires, imposta sul reddito delle società, è gravosa per le imprese coinvolte in una fase congiunturale, in cui la liquidità per le stesse è pari allo zero.
«Lo sconto dell’Irap, saldo e primo acconto, diventa, purtroppo, l’ennesima “mancetta” concessa ai contribuenti invece di un vero sostegno alla ripresa», dice il consigliere nazionale di Unimpresa, Salustri.
«Il decreto rilancio del governo conte del 14 maggio 2020 ha sancito l’agonia delle imprese italiane. Manca una visione univoca e globale del sistema paese e della sua ripresa economica.

IMPRESE ITALIANE IN AGONIA

Il terzo decreto era atteso dagli imprenditori che aspettavano un cambio di rotta vero e concreto.
Invece, a causa della miopia del governo, è stata sancita l’agonia delle imprese italiane», aggiunge Salustri.

Secondo  Unimpresa, è inaccettabile, pure, la possibilità che è stata concessa agli organi accertatori di avere più tempo per accessi e ispezioni a causa di questi pochi mesi di proroga per i versamenti delle imposte.

Facenti riferimento ai mesi di marzo, aprile e maggio 2020 al 16 settembre 2020, a riprova che il legislatore è sempre e solo “pro” agenzia delle Entrate.

VINCE SEMPRE L’AGENZIA DELLE ENTRATE

Incomprensibile è la scelta del legislatore di rinviare l’invio delle cartelle e accertamenti ai primi giorni del 202.
Il nuovo decreto rinvia al 2021 la notifica di tutti gli atti impositivi, i cui termini di decadenza scadono tra il 9 marzo e il 31 dicembre 2020.
Si poteva “abbonare” una parte di queste cartelle per dare respiro alle imprese e permettere alle stesse di reinvestire il risparmio d’imposta ottenuto.

SPINTA PIU’ DECISA PER LA RIPARTENZA

Indecifrabile, poi, la sospensione del versamento dell’Imu, Imposta municipale unica, per tutti quei proprietari di immobili, destinati ad attività alberghiera, purché vi esercitino l’attività ricettiva stessa.
Questa norma è discriminatoria tra chi possiede ed esercita l’attività alberghiera nello stesso immobile e chi possiede solo l’immobile che ha concesso in locazione alberghiera.
L’aiuto di Stato – inteso come fondo perduto – varierà da un minimo di 1.000 euro a un massimo di 50.000 euro, secondo gli scaglioni di fatturato.

UN SOSTEGNO SENZA IMPATTO

Anche per tale “sostegno” si ravvede uno scarso impatto sul ciclo finanziario delle aziende, perché queste somme non bastano per far ripartire la loro economia.
Verranno impiegate per ricolmare le casse degli imprenditori che hanno anticipato la cassa integrazione o per il loro sostentamento.
Quanto riassunto mette in evidenza come l’ennesimo decreto sia un cumulo di misure di galleggiamento ma che, di fatto, non può essere chiamato di “rilancio”.

ALLEGGERIRE LE MISURE FISCALI

Un vero rilancio punta a misure  capaci di alleggerire la pressione fiscale senza rinviarla di qualche mese e che dia i mezzi finanziari alle imprese per ripartire rapidamente.
Le agenzie di rating lo sanno bene, declassano le nostre banche e il sistema finanziario agevolando, di fatto, l’ingresso dei competitor nelle compagini sociali delle aziende italiane.

UNA SEQUENZA DI DECRETI POVERI DI CONTENUTI

«Il governo non ha una visione d’insieme del sistema imprenditoriale nazionale, carenza dimostrata dall’emissione di decreti poveri di contenuti e settoriali per tamponare soltanto emergenze temporanee.

Una vera visione d’insieme potrebbe stimolare la crescita globale e non solo “tappare buchi”, come farebbe un marinaio inesperto sulla sua imbarcazione mentre affonda.

IN ATTESA DI SEGNALI FORTI

Il Governo Conte avrebbe dovuto mandare segnali forti agli alleati europei, proponendo o imponendo, la riduzione drastica delle imposte dirette, come l’applicazione di un Ires al 15%, e indirette
Una riduzione vera dell’Iva per far ripartire i consumi, dimostrare fiducia nei confronti degli imprenditori, evitando inutili allungamenti dei periodi di accertamento, che generano maggiore sfiducia nei confronti dello Stato».
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