È entrato in vigore lo scorso giugno il decreto legislativo 80/2015, in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, il terzo dei decreti applicativi che fanno parte del cosiddetto Jobs Act. In particolare, il decreto contiene misure “volte a tutelare la maternità delle lavoratrici e a favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori”.
Ma cosa significa di preciso? Quali sono le differenze e i benefici a tutela delle madri e dei padri e di cui è possibile usufruire con la riforma?
In prima battuta la riforma ha inciso sull’istituto del congedo parentale, retribuito al 30% e fruibile fino al sesto anno del figlio invece che fino al terzo anno, come prima della riforma. “La misura finalmente spetta anche ai papà, che hanno ottenuto il congedo per la nascita del bimbo di un giorno entro i cinque mesi, più altri due giorni facoltativi che vengono però sottratti da quelli spettanti alla mamma, che dovrà dichiarare di non usufruirne, retribuiti al 100%”, dice Simone Colombo, consulente del lavoro ed esperto di direzione del personale in outsourcing (nella foto). “La novità forse più importante è che il congedo può essere fruito ad ore e non solo a giorni ma c’è la possibilità di scegliere anche periodi “misti”, alternando congedi a giorni e a ore. “Non solo: si può rinunciare al congedo in favore di 6 mesi part-time, retribuiti sempre come la maternità facoltativa al 30%. In pratica la lavoratrice ha la possibilità di costruirsi un part time su misura nel periodo del rientro dalla maternità spalmando in modo orizzontale il congedo parentale sul proprio orario di lavoro”.
Si può usufruire della ex maternità facoltativa fino ai 12 anni del bambino, (prima solo fino agli 8) ma l’INPS provvede al pagamento del 30% della retribuzione solo fino ai 6 anni del bambino, dopodiché rimane la salvaguardia del posto di lavoro fino ai 12 anni del bambino, senza il pagamento dello stipendio. “L’aumento della fascia di età potrebbe essere funzionale ai brevi congedi per più anni, magari nei periodi di chiusura di scuole o asili”, chiarisce Colombo. Ma la più grande novità che il testo unico ha introdotto riguarda i nuovi vantaggi contributivi e fiscali per le aziende che contribuiscono alle spese per l’iscrizione e retta per la frequenza di asili nido; Borse di studio/sussidi/rimborsi per iscrizione e/o frequenza di scuole Primaria, Secondaria I e II grado, Università, Scuole di dottorato e specializzazioni, Conservatorio, Master I e II livello; Acquisto libri di testo scolastici e buoni mensa; Attività di pre-scuola e doposcuola; Iscrizione a colonie climatiche, campus estivi e corsi di lingua.
“Questi incentivi rappresentano un risparmio sia per le aziende sul costo del lavoro che per i dipendenti che ricevono il benefit”, spiega ancora Colombo, che aggiunge, “Luxottica, Unicredit, Vodafone sono le aziende che utilizzano meglio – e maggiormente – questi strumenti. Per il momento molti di questi sono progetti pilota, ma tutti concentrati su aziende molto strutturate. Nell’anno 2016 sono più di 4.600 gli accordi di welfare varati, spinti anche dalle politiche incentivanti la produttività. Una delle più grandi partite per il futuro delle retribuzioni in azienda passa da questi accordi e dal welfare aziendale. In tempi di retribuzioni fisse “bloccate” questi benefit sostituiscono parte del reddito e potrebbero rivelarsi un importante incentivo per la retention aziendale, nonché per aumentare il reddito dei lavoratori/lavoratrici a basso costo per le aziende”.