Panama Papers e grandi nomi. Anche molte piccole imprese italiane continuano a detenere capitali all’estero. E’ quanto emerge da un”indagine dell’Adnkronos, che ha recentemente interpellato, con il contributo di diverse associazioni di categoria, oltre mille aziende sotto i 50 dipendenti in tutto il territorio nazionale. Una su tre (31%) dichiara di avere almeno un rapporto bancario all”estero e una su quattro (il 25%) ammette che l”obiettivo principale è quello di nascondere parte del fatturato al fisco italiano.
Solo 1 impresa su 10 (12%) dichiara di aver fatto ricorso o di volere ricorrere alla voluntary disclosure, la ”collaborazione volontaria” offerta dall”Agenzia delle Entrate per regolarizzare la posizione di chi detiene illegalmente capitali all”estero. La giustificazione che prevale sulle altre è che la tassazione è troppo elevata, insopportabile per i bilanci delle aziende.
Eloquente, in questo senso, la risposta all”ultimo quesito sottoposto all”attenzione delle imprese. Una tassazione più bassa renderebbe inutile il ricorso delle imprese italiane ai conti all”estero? Rispondono sì l”80% delle
microimprese interpellate. Il quadro che viene delineato dall”indagine trova riscontro nei dati ufficiali dell”Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza. Sono 129.000 le domande di adesione alla voluntary disclosure nel 2015 e oltre 500mila gli accertamenti che arriveranno entro la fine del 2016. Sono stati 444 i casi di evasione internazionale accertati dalle Fiamme Gialle.