Prestiti aziendali crollati di 40 miliardi

Prestiti aziende crollati di 40 miliardi in ultimi 12 mesi lo dice un rapporto sul credito relativo all’ultimo anno realizzato da Unimpresa.

Calano gli impieghi al settore privato al ritmo di oltre 3 miliardi al mese. In controtendenza, salgono i mutui (+4,5 miliardi) e il credito al consumo (+7,5 miliardi). Giù le sofferenze, scese a quota 125 miliardi (-27%). Il vicepresidente Pucci: “La stretta fiscale del governo a danno delle banche può creare problemi a motore del credito bancario”.

Prosegue senza sosta il credit crunch per le aziende italiane: i prestiti delle banche alle imprese, nel corso dell’ultimo anno, sono calati di quasi 40 miliardi di euro (-5,29%) nonostante l’aumento di 1,5 miliardi dei finanziamenti a medio termine. A pesare sul calo è la diminuzione di 18 miliardi dei finanziamenti a breve e di 22 miliardi di quelli di lungo periodo. In aumento di 6,2 miliardi, invece, i prestiti alle famiglie, spinti dal credito al consumo (+7,3 miliardi) e dai mutui (+4,5 miliardi), comparti che hanno compensato il calo registrato sul fronte dei prestiti personali (-5,6 miliardi). In totale, lo stock di impieghi al settore privato è diminuito di 32 miliardi, passando da 1.356 miliardi a 1.324 miliardi: oltre 3 miliardi al mese in meno ad aziende e cittadini. Questi i dati principali del rapporto mensile sul credito realizzato dal Centro studi di Unimpresa, secondo il quale negli ultimi 12 mesi, da agosto 2017 ad agosto 2018, le rate non pagate (sofferenze) sono calate: nell’ultimo anno si è registrata una diminuzione di quasi 50 miliardi (-27,40%) da 172 miliardi a 125 miliardi.

Secondo il rapporto dell’associazione, basato su dati della Banca d’Italia, il totale dei prestiti al settore privato è calato nell’arco dell’ultimo anno, da agosto 2017 ad agosto 2018, di 32,4 miliardi (-2,41%) passando dai 1.356,9 miliardi di agosto 2017 ai 1.324,2 miliardi di agosto 2018. Nel dettaglio, è calato di 38,8 miliardi (-5,29%) lo stock di finanziamenti alle imprese passati da 735,2 miliardi a 696,4 miliardi: in particolare, sono calati di 18,1 miliardi (-7,49%) da 242,7 miliardi a 224,6 miliardi i crediti a breve termine (fino a 1 anno); giù di 22,1 miliardi (-6,70%) i prestiti di lunga durata (oltre 5 anni) scesi da 330,6 miliardi a 308,5 miliardi; sono invece cresciuti lievemente di 1,4 miliardi (+0,90%) i finanziamenti di medio periodo (fino a 5 anni) passati da 161,8 miliardi a 163,2 miliardi. Risultano complessivamente in aumento di 6,2 miliardi (+1,00%) i prestiti alle famiglie, passati da 621,6 miliardi a 627,8 miliardi: in particolare, è salito di 7,3 miliardi (+7,92%) il credito al consumo (denaro concesso per acquistare elettrodomestici, automobili, televisori e smartphone) passato da 92,8 miliardi a 100,1 miliardi; in aumento anche i mutui di 4,5 miliardi (+1,21%), saliti da 372,4 miliardi a 376,9 miliardi; in calo, invece, i prestiti personali, scesi di 5,6 miliardi (-3,60%) da 156,3 miliardi a 150,7 miliardi.

Per quanto riguarda i prestiti non rimborsati, si registra un rilevante calo delle sofferenze lorde, diminuite in totale di 47,3 miliardi (-27,40%) dai 172,8 miliardi di agosto 2017 ai 125,4 miliardi di agosto 2018. Il rapporto tra sofferenze lorde e prestiti è passato dal 12,74% al 9,48%. Sono calate di 34,9 miliardi (-28,85%) le rate non pagate dalle aziende, scese da 121,1 miliardi a 86,2 miliardi; in diminuzione di 7,4 miliardi (-21,86%) anche i crediti deteriorati riconducibili alle famiglie, passati da 33,9 miliardi a 26,5 miliardi e continuano a calare anche quelli legati alle imprese familiari, scesi da 14,1 miliardi a 10,8 miliardi, in contrazione di 3,2 miliardi (-23,27%); risultano in diminuzione di 1,6 miliardi (-47,33%) anche le sofferenze della pubblica amministrazione, delle assicurazioni, dei fondi e delle onlus, passate da 3,5 miliardi a 1,8 miliardi. Il totale delle sofferenze nette, ovvero quelle non coperte direttamente da garanzie, è diminuito di 25,1 miliardi (-38,23%) da 65,6 miliardi a 40,4 miliardi. Il rapporto tra sofferenze nette e prestiti è passato dal 4,84% al 3,06%.

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