Secondo l’agenzia di rating Moody’s, i cinque maggiori “re della liquidità” sono Apple, Microsoft, Cisco Systems, Google e Pfizer: insieme, dispongono di 276 miliardi di dollari, pari al 22 percento della liquidità aziendale non finanziaria in America. Recentemente, Apple ha deciso di pagare gli investitori attingendo dal suo attivo liquido di 100 miliardi di dollari; questo contribuirà in qualche modo ad assottigliare il saldo di cassa, ma il trend generale rimane inalterato. Nel settembre 2011, Adam Posen, economista statunitense facente parte del Comitato di Politica Monetaria della Bank of England, ha descritto l’accumulo di liquidità aziendale in UK come un sintomo della riluttanza di assumere rischi da parte del settore privato, ovverosia una risposta parziale all’eccessiva contrazione di debiti nelle famiglie, nonché alle perdite bancarie. “Correggere un poco i comportamenti avventati tipici degli anni del boom sarebbe giustificato, ma adesso si è esagerato nel senso opposto e per troppo tempo,” ha affermato Posen. Tuttavia, un nuovo studio condotto dal Marc (Centro di Ricerca su Fusioni e Acquisizioni) della Cass Business School, in collaborazione con il gruppo Credit Suisse – esaminando le giacenze di cassa di tutte le società i cui titoli sono stati quotati in Borsa in UK dal 1996 – indica che la tesaurizzazione di liquidità non rappresenta assolutamente un fenomeno nuovo. Infatti, secondo Anna Faelten – vicedirettore del Marc – è possibile dimostrare che l’accumulo di capitali liquidi aziendali si sta già verificando dal 2004.
I tesaurizzatori presentano un rendimento inferiore
Lo studio condotto dal Marc dimostra come le aziende che hanno trattenuto le loro eccedenze di liquidità abbiano poi realizzato una prestazione di mercato considerevolmente inferiore allo standard nei tre anni successivi. Ciò comporta enormi implicazioni per gli investitori. “Le società che tesaurizzano le eccedenze di cassa registrano indici di rendimento negativo del 9-10% in un triennio. Quindi è lecito aspettarci che le aziende accumulatrici di capitali liquidi non spesi presentino una resa minore”, afferma la Faelten. Lo studio Marc/Credit Suisse ha calcolato la differenza tra disponibilità totali in bilancio e liquidità necessaria alle attività commerciali ordinarie. “Considerando 643 miliardi di dollari di riserve monetarie nel nostro campione, due terzi sono in effetti rappresentati da eccedenze. Pur escludendo tutti gli elementi più specificamente aziendali o industriali, rimangono oltre 400 miliardi di dollari nei bilanci che potrebbero essere spesi”, sostiene la Faelten. Fra i settori in cui le società hanno accumulato maggiori quantità di fondi liquidi – in termini di rapporto fra liquidità e attivo netto – vi sono tecnologia (46%), assistenza sanitaria (44%), materiali (40%), petrolio e gas (35%). La ricerca ha approfondito le migliori strategie per spendere le eccedenze di cassa, confrontando il diverso corso delle azioni nelle aziende che optano per spese in conto capitale, acquisizioni, pagamento di dividendi, riacquisti ed estinzione del debito.
Profitti derivanti da fusioni e acquisizioni
Lo studio effettuato indica che i modi più redditizi per impiegare le eccedenze di liquidità – dal punto di vista di un azionista – sono rappresentati da acquisizioni e riacquisti di azioni. “I riacquisti producono risultati remunerativi in poco tempo, generando un rendimento medio del 7% dopo 24 mesi. Tuttavia, spendere in fusioni e acquisizioni permette di realizzare profitti più elevati (pari all’11%), dopo tre anni di implementazione della strategia. Ponderando a sufficienza i diversi rischi, le due procedere si trovano quasi alla pari”, afferma la Faelten. “I fatti dimostrano che le aziende capaci di cogliere tempestivamente vantaggiose opportunità di investimento tramite acquisizioni o restituzione di fondi agli azionisti – qualora non sussistano altre possibilità di espansione – surclassano le società che scelgono opzioni differenti”. In base alla ricerca del Marc, utilizzi alternativi delle eccedenze – quali incrementare i dividendi aziendali – sembrano influire relativamente sul rendimento globale di una società. “Abbiamo scoperto che i riacquisti di azioni producono profitti considerevoli, mentre i dividendi non determinano in maniera significativa le varie prestazioni di mercato”.
Un aspetto della ricerca con implicazioni preoccupanti per coloro che sperano che gli investimenti aziendali infonderanno nuova linfa all’economia è rappresentato dall’impatto minimo ottenuto dalle spese in conto capitale sul corso delle azioni, in confronto a una strategia di fusioni e acquisizioni, oppure riacquisti di azioni. Secondo la Faelten, una spiegazione plausibile potrebbe essere che gli investimenti societari strategici non vengono debitamente comunicati ai diretti interessati, o che comunque ricevono molta meno attenzione rispetto ad acquisizioni e riacquisti. Ciò enfatizza ulteriormente l’idea che le aziende necessitino una strategia di acquisizioni in stile “big-bang” – sebbene molte non ottengano i risultati auspicati – oppure di riacquisto delle azioni, onde impressionare positivamente i soci e accrescere i profitti.
Troppi capitali da spendere
Apple ha tentato di spendere l’attivo disponibile in ogni modo possibile. Sotto la direzione di Tim Cook, ha investito in punti vendita autorizzati, server farm per supportare il servizio iCloud, nuovi campus per ospitare lo staff, ha rilevato società, ha ampliato i dipartimenti ricerca e sviluppo. Recentemente, Apple si è dimostrata molto pionieristica, pagando dividendi e riacquistando le sue stesse azioni. Per giunta, sembra sia in procinto di comprare aziende appartenenti alla medesima catena logistica. Se tutto procede secondo i piani, tale strategia ridurrebbe ulteriormente i costi e produrrebbe maggiori quantità di fondi liquidi. “Molte società tech sono arrivate a un punto tale in cui l’eccesso di liquidità è stato accumulato troppo velocemente perché esse siano in grado di spenderlo”, sostiene Anna Faelten. “Solo perché si possiede denaro, non significa che bisogna necessariamente spenderlo in qualunque cosa! I manager debbono essere per forza molto oculati”. Qualora nel 2013 l’economia del Regno Unito torni alla crescita sostenuta, è probabile che le aziende inizieranno ad attingere dalle riserve monetarie per finanziare l’espansione. Dove e come verrà investito quel denaro? Si tratta di un nodo cruciale non solo per gli azionisti, ma anche per il futuro sociale, politico ed economico del paese. E lo stesso vale in tutto il mondo. “Quasi ogni giorno abbiamo a disposizione resoconti sui livelli di liquidità aziendale”, afferma la Faelten. “Potrebbe facilmente diventare una notizia da prima pagina, poiché è una cifra stupefacente: 643 miliardi di dollari, considerando soltanto il nostro campione di società inglesi quotate in Borsa. È un’enormità di capitali liquidi sottoutilizzati, con implicazioni per l’intera economia. “Posso capire perché le società operino con cautela… Negli ultimi anni hanno dovuto sperimentare shock economici impressionanti. Ma al contempo, lo studio che abbiamo condotto dimostra che accumulare e tesaurizzare tale liquidità penalizza le aziende in modo considerevole. Questo è un punto da tenere in estrema considerazione”.