Il 73% delle 532 imprese di 68 Paesi censite dal Supply Chain Resilience 2012, rapporto che analizza cause e conseguenze del blocco della catena di approvvigionamento di 14 settori produttivi, lo scorso anno ha subito almeno un’interruzione nella propria catena di approvvigionamento a causa di un fornitore di primo livello. Il principale motivo di questa interruzione è determinato da un black-out informatico o delle telecomunicazioni, per il quale il 52% delle imprese intervistate ha subito un’interruzione che ha avuto effetti di media o forte intensità. Ma quali sono le cause principali di interruzione della supply chain per le aziende? È possibile per le Pmi prevenire la sospensione della fornitura? Esistono programmi assicurativi che proteggono da questi rischi? Btboresette.com ha intervistato Saverio Simone Longo, ceo di Zurich Global Corporate in Italia, (nella foto) la divisione del gruppo che realizza servizi assicurativi a grandi imprese e multinazionali.
Quali sono le principali cause di interruzione della supply chain?
Secondo i risultati forniti dalla ricerca, la principale causa di interruzione è un imprevisto black-out informatico o delle telecomunicazioni, per il quale il 52% delle società intervistate ha subito un’interruzione che ha avuto effetti di media o forte intensità. La seconda causa sono le avverse condizioni atmosferiche (categoria nella quale non rientrano terremoti o tsunami) che ha colpito il 48% degli intervistati. Le interruzioni hanno effetti a cascata più significativi di qualche anno fa: oggi i costi finanziari sono più alti che nel 2011 e una società su cinque ha registrato perdite superiori a un milione di euro imputabili a un incidente singolo. Le difficoltà riconducibili ai fornitori costituiscono oggi la terza causa di interruzione della catena e rappresentano ben il 35% delle cause totali di interruzione, una percentuale che nel 2011 era pari al 17%. I dati della survey di BCI – Business Continuity Institute – , rivelano che il 73% delle imprese ha registrato almeno un’interruzione nella propria catena e, tra queste, nel 61% dei casi le cause sono imputabili a un fornitore di primo livello, mentre nel 39% dei casi riguardano fornitori di secondo livello o oltre
In che modi si possono prevenire la sospensione della fornitura o almeno mitigarne i rischi?
La situazione si può migliorare con interventi tattici, quali la diversificazione-moltiplicazione dei fornitori, delle vie di trasporto, dei mezzi di pagamento, l’introduzione di scorte-tampone per avere alternative valide ed immediate in caso di black out o di improvvisa caduta delle forniture. Ma ciò non risolve comunque il problema in maniera definitiva. Per una copertura più completa è ovviamente consigliabile “trasferire il rischio” mediante una opportuna copertura assicurativa come quella offerta Zurich in Italia. Il migliore approccio è quindi integrato, andando da una parte a contenere i rischi mediante la prevenzione e azioni di mitigazione preventiva e dall’altra a dotarsi di una adeguata copertura mediante prodotti assicurativi ad hoc, come appunto quelli offerti da Zurich.
Come fanno le medie aziende a premunirsi nei confronti di fornitori inadempienti?
Una delle prime urgenze è quella di una approfondita conoscenza dei fornitori. A mio avviso, l’ideale sarebbe andare a visitare le aziende fornitrici, verificare in loco lo stato dei materiali e delle costruzioni, la qualità dei sistemi di sicurezza, la pianificazione di misure di emergenza. Logisticamente non è un’operazione semplice, ma almeno per i key-supplier andrebbe fatta. Una volta compiute le dovute azioni atte a prevenire l’inadempienza dei fornitori, sarebbe comunque preferibile fare un ulteriore passo volto ad offrire maggiore protezione. Ovvero sottoscrivere una polizza assicurativa che punta a rimborsare il cliente in caso di danni generati dall’inadempienza dei propri fornitori.
Come si comportano all’estero? E’ più semplice tutelarsi per le grandi imprese e le multinazionali?
Sicuramente in alcuni Paesi esteri vi è una maggiore attenzione nei confronti di questa tematica rispetto all’Italia, ma va detto che la supply chain non ha ancora la necessaria attenzione. Prendiamo ad esempio la Gran Bretagna, il Paese più virtuoso in questo campo. Il 75% delle aziende inglesi prende in considerazione, nel proprio business continuity plan (Bcp), l’interruzione della supply chain, mentre il 28% ha più della metà dei fornitori privi di un piano di business continuity e soltanto il 34% verifica l’esistenza di un Bcp in sede di gara per scegliere un nuovo fornitore. Il che vuol dire che un quarto delle imprese inglesi non ha programmi completi di continuity e la stragrande maggioranza si disinteressa di quello che accade nella supply chain. Negli altri Paesi va peggio. Negli Usa, per esempio, solo il 44% delle aziende mette in preventivo una interruzione della catena delle forniture, e in Canada l’80% non chiede il Bcp ai nuovi fornitori. Globalmente, il 15% delle società intervistate non chiede alcuna informazione ai fornitori. Parlando di grandi imprese e multinazionali, possiamo sicuramente dire che in generale c’è una maggiore attenzione al tema. In primo luogo perché all’interno dell’azienda vi sono esperti come i Risk Manager che comprendono la materia e in virtù del proprio ruolo cercano di mitigare i rischi dell’impresa, ivi compreso quello legato alla supply chain. Ma anche perché, in caso di aziende internazionali, è naturale fare leva sulla maggiore esperienza in merito maturata in mercati maggiormente maturi dal punto di vista assicurativo (in primis il Regno Unito).
Chi all’interno delle imprese (anche medie e piccole) dovrebbe occuparsi della supply chain e delle sue possibili interruzioni?
Della supply chain e delle sue possibili criticità devono occuparsi i vertici aziendali. I temi della prevenzione e della riduzione dei rischi nell’approvvigionamento non vanno delegati, e relegati, al procurement o alla direzione acquisti. Così come, in aziende più grandi e strutturate in cui esiste la figura del risk manager, non possono essere deputate solamente a questi specialisti le decisioni in merito di mitigazione di rischi. È indispensabile che il top management riconosca e conosca la centralità della supply chain nei piani aziendali. Il che significa non solo prevedere risorse da destinare a questo settore ma anche, se non soprattutto, elaborare un piano di business continuity nel quale il tema dell’interruzione della catena abbia la rilevanza che merita.
Cosa consigliate di fare a un’azienda che voglia assicurarsi per tutelare il proprio business contro queste problematiche?
Come dicevamo, per una tutela adeguata l’azienda non dovrebbe prescindere dal dotarsi di coperture assicurative specifiche almeno per quei rischi nei confronti dei quali le azioni di mitigazione non offrono adeguata tutela. In caso di aziende di piccole o medie dimensioni, alla Compagnia Assicurativa può anche essere richiesta una preventiva attività di verifica, ispezione e consulenza, in modo da capire quali primi accorgimenti mettere in essere. Solo in un secondo momento si può passare all’identificazione di un corretto programma di protezione della supply chain, con risarcimenti per le interruzioni di fornitori specifici, selezionati dall’assicurato in funzione della loro valenza strategica. È un trasferimento del rischio che, però, ripeto, deve far parte di un processo organico di prevenzione e mitigazione di rischi da supply chain.