Tutele crescenti e voucher: cosa ne pensano i manager HR. Eco i risultati di un sondaggio del Centro studi AIDP.
Mentre sono in discussione in Parlamento le modifiche al Jobs Act, i direttori del personale valutano i nuovi strumenti in materia di assunzioni, in particolare contratto a tutele crescenti e voucher, alla luce dell’esperienza maturata finora. Con un giudizio di sostanziale apprezzamento per le tutele crescenti e pareri contrastanti sui voucher, come emerge da un sondaggio online di AIDP-Associazione per la direzione del personale, condotto dal Centro studi AIDP tra oltre 20.000 manager aderenti al network dell’Associazione, per indagare l’effettivo utilizzo e l’impatto dei voucher e delle tutele crescenti in azienda, dal punto di vista sia occupazionale sia organizzativo. Il contratto a tutele crescenti è visto come uno strumento utile dalla maggioranza dei manager HR, anche se solo poco più della metà (52%) ritengono che abbia effettivamente facilitato il lavoro e prodotto un aumento di occupazione nella propria azienda. Nessun problema invece ha prodotto il doppio binario tra vecchi e nuovi contratti né in sede di contrattazione individuale per le nuove assunzioni (72%) né in sede di licenziamento (73%).
Sui voucher le risposte sono decisamente più contrastanti e sembrano indicare la scarsa idoneità dello strumento alle esigenze ordinarie delle aziende strutturate: quasi la metà dei manager li ha usati, ma il 70% non li ritiene utili per l’attività core dell’azienda e ben il 76% ritiene che siano usati in maniera impropria. In ogni caso, per le esigenze di assunzioni stagionali sono nettamente preferite le assunzioni a tempo determinato (79%). “Il contratto a tutele crescenti è stato accolto dai direttori del personale come uno strumento in più. Pochi hanno avuto difficoltà coi due regimi e solo il 30% dei neoassunti ha chiesto il ripristino di tutele analoghe all’art 18”. dice Isabella Covili Faggioli, presidente nazionale AIDP presentando il sondaggio.”Le risposte contrastanti sui voucher devono invece far riflettere”, prosegue Covili Faggioli. «La stragrande maggioranza dei manager HR pensa che usare i buoni lavoro nell’attività ordinaria dell’azienda sia biasimevole e porti a una concorrenza sleale nel business. C’è dunque alla base una scelta etica. Gli strumenti di legge, se applicati nel rispetto di determinati valori, consentono di portare e di trattenere professionalità in azienda, per far crescere il business”.